sabato 5 febbraio 2022

 Yoga e vimana: uomini e donne nello spazio


Nella letteratura vedica si menzionano vari tipi di vimana, oggetti o carri volanti di diverse forme e dimensioni, capaci di volare nell'aria, nello spazio e nell'acqua, molte delle citazioni si trovano in Mahabharata e Ramayana: il agnihotra aveva due motori e il gaja più motori. Secondo l'interpretazione di W.Davenport (1979) vimana significa "uccello artificiale abitato" da vi "uccello" e man "qualcosa di artificiale o abitato". Viene spesso citato anche con nomi diversi, come Pushpaka Vimana o "aeroplano con i fiori" che in una storia epica venne sottratto dal demone Ravana a Kuvera, tesoriere degli dei, e poi Rama lo restituì al legittimo proprietario. Questo speciale veivolo fu creato da Vishwakarma, il grande architetto dell'universo, per Brahma che infine lo offrì a Kuvera, e viene descritto come un oggetto luminoso quanto il sole e capace di volare ovunque. 
Per molto tempo, alle donne è stato concesso poco spazio nelle missioni spaziali, anzi un tempo era a loro proprio preclusa la partecipazione, lavoravano dietro le quinte ed erano gli uomini ad avere la meglio. Oggi sono stati fatti passi da gigante e molte ricercatrici astrofisiche sono state selezionate per nuove missioni. La pioniera Valentina Tereskova è stata la prima donna ad essere stata mandata nello spazio nel 1937 a soli 26 anni, poi la seguirono anche Sally Ride, Mae Carol Jemison, Claudie Haigneré, Chiaki Mukai, Saunita Williams e Christina Koch, che nel 2019 ha superato il record di permanenza nello spazio per una donna. La prima donna italiana negli equipaggi dell'Agenzia Spaziale è stata Samantha Cristoforetti, ma non facendo parte dell'esercito dovevano chiedere permessi di lavoro "ingiustificati" a causa della segretezza dei viaggi. Ad oggi le donne astronauta costituiscono il 34% degli astronauti attivi nell'agenzia spaziale. Secondo l'Ente Nazionale per le attività spaziali e Aeronautiche il prossimo astronauta nel 2028 a mettere piede sulla luna e successivamente anche su marte potrebbe essere una donna. Storicamente gli astronauti sono stati reclutati durante la loro carriera come piloti di caccia, ma già nel passato secondo i Veda le donne erano abituate a volare e a viaggiare per mare, terra e spazio, per commerciare e anche per allargare gli orizzonti di conoscenza. Nel tempio di Rajarani dedicato a Shiva a Bhubaneshwar c'è l'immagine di una donna su uno dei vimana dell'Undicesimo secolo, uomini, donne e bambini li potevano usare per gli spostamenti.
Nei miti rinveniamo numerose testimonianze scientifiche legate al passato uso di tali oggetti volanti, che venivano usati per lo spostamento di interi palazzi, e anche se non ne abbiamo prove dirette tangibili la loro popolarità ha incuriosito e appassionato sia ingegneri che archeologi di tutto il mondo che ne hanno approfondito le tracce visibili. In molte  tradizioni si racconta delle divinità scese in terra dal cielo e così anche nei Veda si illustrano i vimana dell'età dell'oro. Infatti nella cosmogonia vedica le caratteristiche dell'era dipendono dal movimento ciclico e a spirale del sistema solare intorno al centro della galassia a cui appartiene. Ogni ciclo galattico dura ventiquattromila anni attraversando otto ere chiamate yuga (quattro di avvicinamento e quattro di allontanamento al centro galattico). Si narra che quando quattordicimila anni fa, quando il nostro sistema solare era vicinissimo al centro della galassia, gli esseri umani erano connessi al proprio centro interiore. Ecco perché per 4800 anni il Satya yuga è stata l'età della saggezza e della verità conosciuta come età dell'oro carica di bellezza e armonia, ma allontanandosi dal centro della galassia il sistema solare ha gradualmente perso questi benefici influssi. Siamo ora nel periodo Kali yuga, quello più distante dal centro galattico perciò regnano la discordia e la perdita di consapevolezza del genere umano.



I vimana, chiamati in sanscrito Akasa Yantrache, potevano viaggiare sulla terra, sull'acqua e nell'aria, non solo, ma si narra di intere città volanti e templi volanti. Nel deserto del Thar, che si trova nello stato del Rajasthan del subcontinente indiano, c'è una regione desertica e semi desertica vicino al corso inferiore dell'Indo che sfuma verso il Cholistan, dove nel 1900 alcuni scienziati trovarono della cenere radioattiva risalente a dodicimila anni prima, come se si trattasse di uno scontro spaziale atomico che facesse riferimento alla guerra tra i deva e i demoni legata a una cronaca che descrive una storia di armi potentissime e avanzate
O ingegnere specializzato, tu che progetti navi oceaniche, spinte da motori ad acqua come quelli usati nei nostri aeroplani, che danno la capacità di alzarsi in verti scale oltre le nubi e viaggiare in tutta la regione. Sii tu, prosperoso in questo mondo e vola attraverso l'aria e attraverso la luce (Yajur Veda, 10.19)
Jalayan è un veicolo progettato per muoversi sia in aria che in acqua (Rig Veda 6.58.3)
Nel Rig Veda si narra di come i Rbhus avessero costruito un carro celeste per i gemelli Aswini, medici degli dei (1.111.1), di forma triangolare con ruote retrattili che in volo vengono ritirate proprio come i moderni aerei. In un altro passo si parla invece del velivolo che apparteneva ai Marut (1.166.4-5) in grado di far tremare le case, di sradicare piccole piante di provocare un forte vento al suo passaggio. Un punto interessante è quello relativo al carburante liquido madhu oppure anna.  
I kathasaritsagara erano operai altamente specializzati esperti in meccanica e in grado di costruire navi oceaniche, e i rajyadhara erano in esperti nel fabbricare macchine volanti capaci di trasportare oltre mille passeggeri e capaci di coprire in pochi istanti lunghissime distanze. Nei Rig Veda le macchine volanti furono designate col nome di ratha (veicolo), designazione originale della macchina volante, poi il termine cedette il posto al termine vimana nel Yajurveda, veicoli multiformi. Il disegno fu poi imitato per costruire palazzi e soprattutto templi. Secondo alcuni esperti potrebbero essere stati costruiti in tecnologia laser o energia solare e non si può ignorare il fatto che il naksatramandala fu una macchina progettata per navigare attraverso il sistema solare.
Nello Shrimad Bhagavatam si parla di un personaggio dal nome Angira il quale possedeva una macchina capace di condurlo ovunque. Si narra inoltre di quando il re Citraketu stava viaggiando nello spazio su uno splendido aeroplano, che gli era stato regalato da Visnu. Proseguendo nello studio degli antichi testi si evince che dovevano esistere vimana grandi e piccoli alcuni dei quali erano vere e proprie città volanti. Soltanto di recente comunque si stanno compiendo letture specifiche in questa direzione per ottimizzare ulteriormente i comandi dei velivoli caccia, riducendo ulteriormente i tempi che intercorrono tra comando del cervello e azione del braccio. Interessante è anche la spiegazione della lega usata per costruirli, che teneva conto dei modi possibili di sistemare gli elettroni attorno al nucleo di un atomo.
Le più recenti scoperte danno per certo che un certo grado di avanzamento tecnologico oltre che artistico e letterario fosse presente nelle civiltà antiche. Sono stati rinvenuti documenti sanscriti che trattavano dell'antigravità capace di far levitare ogni cosa. Gli astras erano veicoli interstellari che potevano farsi invisibili e sufficienti prove riescono ad avvalorare l'ipotesi di una guerra tra esseri stellari in un lontano passato. Sono numerosi i testi in cui vengono nominate macchine volanti in grado di portare passeggeri, di condurre battagli e di compiere lunghi viaggi. con ratha vengono solitamente indicati i "carri volanti" utilizzati solo dagli dei e generalmente privi di ali, mentre i vimana hanno quasi sempre ali e sono utilizzati anche dai mortali (Dileep Kumar Kanjilal, Vimana in ancient India, Sanskrit Pustak Bhandar, 1985, p.13). Ci sono inoltre precise descrizioni degli yantra o macchine nella civiltà vedica che sono ancora fonte di accesi dibattiti e di analisi che potrebbero condurre a riscrivere la stessa storia della nostra civiltà e a vedere con occhi diversi le origini della nostra specie. 
Forse è nel Mahabharata che troviamo le fonti più considerevoli di accenni ai vimana, in un'avvincente narrazione del re Salva apprendiamo che egli ne acquistò uno da Maya Danaya, un re abitante del sistema planetario Talatala. Il suo veivolo viene descritto come un'invincibile città di ferro che poteva volare e comandare eventi metereologici, produrre trombe d'aria, folgori, grandine con cui abbattere i nemici con sbalzi di calore e correnti aeree.  
Nel Sabhaparvan, il secondo libro del Mahabharata (capp168, 169), si parla invece di autentiche città spaziali che orbitano intorno alla terra, munitissime fortezze dotate di armi poderose. Una di queste città sarebbe stata costruita da Brahma per due demonesse, Pulama e Kalaka, che avevano praticato severe austerità per migliaia di anni celesti. La città conteneva vari alberi con molti gioielli e uccelli variegati. Altre città spaziali orbitanti compaiono nel Vanaparvan: Vaihayasi, Gganacara, Khecara.  Accanto alle città spaziali ve n'erano altre dove i demoni vivevano in fondo al mare in città radianti, piene di edifici con alberi e cascate d'acqua descritte realisticamente come perfettamente comode e lussuose.   










martedì 4 gennaio 2022

Cosmologia vedica 4



Lo Studio del Cielo con i suoi elementi ha sempre affascinato l'essere umano che da millenni ha cercato di controllare lo spazio aereo e circoscriverlo nel suo campo d'azione, per fare ciò è assolutamente indispensabile approfondire la conoscenza scientifica del pensiero arcaico e su cosa significhi scienza e co-scienza. Riguardo a questo tema ci sono note cosmologiche  elementari recenti da affrontare presenti nei classici della letteratura come Omero, Dante e Shakespeare. In un saggio introduttivo Il Mulino di Amleto (1983) Giorgio de Santillana de Santillana e Hertha von Dechend sulla struttura del tempo c   i avvicina ad alcune fonti comparate del mito attraverso civiltà perdute che forniscono chiavi preziose d'analisi sulla volta celeste. 
Lo studio della storia antica è uno strumento utilissimo per comprendere la metodologia delle scienze umane, e proprio in quest'opera gli autori prendono consapevolezza che il mito è una scienza esatta, dietro alla quale operano misure precise, ma qualitativamente diverse dalle nostre, perché legate alla concezione ciclica e stagionale delle cose. 
Nella cosmologia vedica possiamo ritrovare le nostre radici umane e una conoscenza completa che unisce varie civiltà e i nostri predecessori avevano una consapevolezza della storia dell'umanità diversa dalla nostra, e la trasmettevano attraverso l'educazione della scienza e della filosofia vedica. Come ben sappiamo all’inizio del Quattrocento in Europa l’astronomia è una disciplina ben radicata nel sistema della conoscenza e nei curricula universitari, infatti insieme ad aritmetica, geometria e musica, essa è parte del quadrivium o studi superiori che si basavano sul trivium propedeutico di grammatica, logica e retorica. Il complesso delle discipline insegnate nelle facoltà delle Arti liberali, era il prerequisito di chi voleva poi proseguire negli studi universitari di medicina, del diritto o teologia. Forse non tutti sanno che l’astronomia è talvolta insegnata nella facoltà di Medicina come astrologia medica, che studia le influenze celesti sul corpo umano e sceglie il momento migliore per la somministrazione di farmaci e per varie terapie. Alla base della dottrina c'erano i testi dell’antichità classica di Ippocrate, di Euclide e Tolomeo, lette in traduzioni medievali e spesso commentate dai filosofi arabi, che  introducevano gli studenti a questioni più complesse e di maggior interesse pratico, quali la compilazione di predizioni astrologiche come oroscopi. In Italia i primi insegnamenti pubblici risalgono alla fine del Tredicesimo secolo, mentre una cattedra stipendiata di astrologia, nei cui termini era compresa l’astronomia, risulta essere attiva a Bologna sin dal 1334. 
Nella cosmologia vedica i calcoli astrologici tenevano conto di molteplici parametri poi semplificati dall'Astrologia occidentale e che invece nei Veda costituivano una scienza esatta chiamata Jotish o Astrologia karmica come la conosciamo noi oggi. Essa prendeva in considerazione oltre ai consueti pianeti Marte, Giove ecc.. anche dei due non pianeti Rahu e Ketu. Rahu è considerato il nodo lunare nord o testa del dragone mentre Ketu è il nodo lunare sud o coda del dragone. Sono considerati i pianeti “ombra” o “secondari” che rappresentano i punti in cui l’orbita dell’equatore celeste (eclittica) interseca l’orbita della Luna. Sono i punti in cui si formano le eclissi. Per questo sono importanti nell'interpretare i pianeti natali e si racconta la loro storia nei miti cosmologici vedici. Il saggio Durvasa mentre girovagava sulla terra incontrò una ninfa dell’aria e le chiese la ghirlanda di fiori che aveva al collo. Ella acconsentì e il saggio quindi incontrò Indra, il capo degli dei, alla guida del suo elefante Airavata. Durvasa allora gli gettò la ghirlanda come omaggio, lui l'afferò e la pose sulla testa dell’elefante, che irritato dal profumo dei fiori, prese la ghirlanda con la sua proboscide e la gettò a terra. L’azione dell’elefante scaturì la collera di Durvasa che lanciò una maledizione ad Indra dicendo: ”Così come la ghirlanda e’ stata fatta cadere a terra , anche Indra cadrà, perdendo il dominio dei tre mondi”. A nulla servì la richiesta di perdono al saggio, supplicandogli di annullare la maledizione, il saggio lo ignorò e proseguì il suo cammino. Indra con il suo esercito degli dei, incominciarono a perdere colpi nella  continua battaglia contro i demoni o Asura e persero il controllo dell’universo. Gli dei per proteggersi andarono a chiedere aiuto a Brahma, il quale li indirizzò da Vishnu. Vishnu rispose di convincere i demoni a un'alleanza, allo scopo di estrarre il nettare dell’immortalità Amrita dall’Oceano di latte per poi condividerlo. Vishnu avrebbe fatto sì che l’Amrita fosse bevuto poi solo dai Deva. Informarono gli Asura, che allettati da tale proposta accettarono senza esitare e iniziò la zangolatura dell’Oceano di latte. I demoni tiravano la coda del serpente Vasuki che stava nell'Oceano mentre gli dei lo tiravano dalla testa.
L’uso alternato delle due forze avrebbe così agitato l’oceano ed estratto l’Amrita con il vaso dove era contenuta da Dhanvantari, la divinità associata all Ayurveda, e gli Asura lo rubarono. Vishnu prese le sembianze di una donna affascinate chiamata Mohini, e seducendo gli Asura si riappropriò del vaso. Mohini quindi andò dagli dei per far mangiare loro l’Amrita. Un Asura di nome Svarbhānu, di nascosto si infiltrò per rubare il nettare che Mohini stava distribuendo, ma il Sole e la Luna  lo notarono e avvertirono Vishnu/Mohini, che lo tagliò in due. Però l’Asura aveva ormai mangiato il nettare ed era divenuto immortale, maledisse il Sole e la Luna per averlo scoperto e da allora sia Rahu, la Testa dell’Asura, sia il resto del corpo dell’ Asura o Ketu periodicamente oscurano il Sole e la Luna provocando le eclissi.
Le funzioni simboliche della testa senza corpo di Rahu sono legate al fatto che tende a “mangiare” senza mai saziarsi, mentre il corpo senza testa tende a cercare senza poter vedere. Ketu indica ciò che siamo riusciti ad ottenere in passato e ora, in questa esistenza non desta il nostro interesse. Ketu spesso indica la fine di un ciclo karmico. Rahu indica ciò che ci ossessiona in questa esistenza e che fatichiamo ad ottenere, e anche se la otteniamo, non ci soddisfa. Rahu indica l’inizio di un ciclo karmico ed è la forza che ci rende incarnati, che ci ha fatto nascere, che ci proietta verso la materialità.

 Cosmologia 3



Il cinghiale è considerato animale sacro dai Druidi e adorato per i suoi poteri e forza. Oggi, invece, quando ci imbattiamo in un animale siffatto o lo vediamo ritratto in qualche foto di facebook, ci possiamo persino spaventare immaginando di poterci trovare a poca distanza da lui, perché chi vive come noi in città, o vicino alle metropoli, ha perso il contatto e la conoscenza della Natura. Il dio greco della guerra Ares si era trasformato nell'ungulato per fuggire dalla guerra in corso tra gli dei dell’Olimpo e i Titani ed evitare così lo scontro con il terribile gigante Tifone. Questo dimostra la grande forza dell'animale, che in molti ambiti può destare dubbi di coabitazione con gli umani, grufolano sui campi coltivati, attraversano la strada, entrano nei centri urbani e li si incontra durante passeggiate ed escursioni. Certamente la caccia non è una soluzione, anzi, molti biologi evidenziano come dove la pressione venatoria è più alta i cinghiali femmina iniziano a partorire in età precoce, infatti questi animali vivono in società matriarcali, dove recenti studi hanno evidenziato come un feromone, emesso dalle “matrone”, blocca l’estro delle femmine più giovani. L’attività venatoria, compromettendo l’equilibrio dei gruppi, lasciandoli quindi senza le “matrone”, favorisce l’estro delle femmine più giovani che iniziano subito a riprodursi, anche due volte all’anno.

A parte che la soluzione passa, invece, per i metodi ecologici di contenimento, la fauna selvatica per legge può essere abbattuta solo se l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) verifica l’inefficacia dei metodi ecologici.
Ciò non toglie che anche nella Cosmologia vedica il cinghiale divenga un simbolo divino capace di grandi cose. A quando risale questa storia? Bisogna pensare che la concezione del tempo nei Veda spesso sfida le visioni convenzionali della storia umana, le scritture vediche parlano di storie molto antiche, precedenti alle glaciazioni e ancora a molto tempo addietro ... il tempo non è solo lineare, ma può essere considerato anche come circolare e ciclico. La Natura stessa ha dei cicli di esistenza, mantenimento e dissolvimento e ci sono dei cicli cosmici negli esseri viventi e nell'universo. Le ere nella Cosmologia vedica si chiamano Yuga, ce ne sono quattro di principali e poi ci sono i grandi cicli o grandi ere che le contengono. Le caratteristiche psico-fisiche delle popolazioni cambiano a seconda della mentalità dell'era, ora ci troviamo in Kali Yuga e le persone vivono al massimo cento anni. Kali Yuga inizia nel 3102 a.C. circa e contiene una sottoera dell'oro considerata transitoria, che durerà diecimila anni, per poi riprendere con l'età della decadenza e in sequenze programmate di cicli e sottocicli che porteranno all'ennesima dissoluzione.
Torniamo ora all’inizio della creazione narrata dai Veda, quando un minuscolo cinghiale bianco uscì dalla narice di Brahma, e prima che lui potesse accorgersene, il cinghiale espanse il suo corpo nel cielo nella dimensione di un grande elefante. All’inizio Brahma rimase stupito, ma poi capì che si trattava di un'incarnazione divina. Il frastuono del grugnito dell’incarnazione cinghiale piacque a Brahma che si sentì rassicurato dal fatto che avrebbe risolto tutti i suoi problemi.
Tuffatosi nelle acque tumultuose, Varaha cercò il pianeta Terra con grande irruenza, fino a terrorizzare l’Oceano stesso. Trovatolo dove i pianeti cadono durante la devastazione, lo risollevò dalle acque e lo ripose nella sua posizione naturale. Durante ogni ciclo di devastazione Varaha tornò ancora per la stessa ragione e in più uccise il demone Hiranyaksha che aveva causato la caduta del pianeta. In quell’occasione Varaha avrebbe assunto il colore rosso.
La seconda incarnazione nella forma di cinghiale si manifestò per uccidere il demone Hiranyaksa, nato dalla progenie atea di Diti, fratello del demone Hiranyakasipu.
La storia narra che Hiranyaksa si tuffò nell'Oceano e nuotò fino alla dimora del dio delle acque Varuna, per combattere contro di lui. Varuna si rifiutò di combattere e lo consigliò invece di affrontare il Signore Visnu e fu proprio allora che il cinghiale bianco Varaha aveva tratto in salvo la Terra dall’Oceano. Alla vista del pianeta terra che posava sulle zanne del Signore Varaha, Hiranyaksa, pieno di risentimento, lo rimproverò di essere come un animale anfibio e minacciò di ucciderlo se non avesse subito restituito la Terra. Varaha balzò fuori dall'acqua e inseguito dal demone posò la Terra sull'acqua e rispose: “O vanaglorioso Hiranyaksa, sono veramente un cinghiale selvatico, smettila di parlare in modo così borioso e vincimi se puoi”.
Hiranyaksa si agitò come un cobra e attaccò Varaha con la sua mazza, ma lui si schivò facilmente. Entrambi si colpirono ripetutamente a vicenda, e anche entrambi schivarono abilmente i colpi del nemico, facendo perdere sangue ad entrambi. Ogni ferita aumentava la loro collera. Visto che la potenza del demone aumentava la sera, Brahma chiese a Varaha di ucciderlo con la mazza colpendolo al mento. Il demone resistì e allora Varaha con il disco Sudarsana lo colpì a morte. Hiranyaksa colpì con il pugno l’ampio petto di Varaha prima di morire, ma non sortì alcun effetto, allora ricorse alla magia, creando con l’illusione demoni, temporali, venti impetuosi, nuvole minacciose e un diluvio di macigni, ma il disco Sudarsana dissipò queste magie. Hiranyaksa allora provò a stritolarlo e poi tentò un ultimo assalto, ma venne colpito alla base dell’orecchio e annaspò con gli occhi sporgenti che gli uscivano dalle orbite e cadde al suolo come un albero sradicato. 
I grandi saggi hanno glorificato le gesta di Varaha e asserito che la sua pelle è identica agli inni vedici, i suoi peli del Suo corpo come l'erba dei rituali vedici, lui stesso è visto come un sacrificio vedico.


 Cosmologia vedica 2 



Nella Cosmologia vedica si narra che l'universo materiale si trova all'interno di sfere più grandi, e si dice che “tutti gli universi sono raggruppati insieme e sembrano un’enorme agglomerato di particelle” (Shrimad Bhagavatam 3.11.41), inoltre “ci sono innumerevoli universi oltre al nostro e, benché siano estremamente estesi, si muovono come atomi” (Shrimad Bhagavatam 6.16.37). In innumerevoli passi si afferma anche che il pianeta Terra è solo uno dei tanti pianeti, cosa che ipotizzarono successivamente anche i filosofi greci Democrito ed Epicuro e il filosofo italiano di Nola Giordano Bruno.
Per conoscere la realtà abbiamo due principali strumenti a disposizione: pramana e phala. Il metodo che utilizza il pramana ricorre a tutto ciò che i nostri sensi possono percepire, vedere e capire, mentre quello del phala riguarda una dimensione che non si può comprendere, che non si può percepire. Queste informazioni che riceviamo dai Veda sono spiegazioni perfette e necessarie per farci capire che noi adesso sulla terra stiamo affrontando una dimensione phala, una dimensione che i nostri sensi non possono comprendere in quanto limitati, ma che comunque esiste. Le conclusioni logiche portano ad affermare che esiste una fonte d'intelligenza comune a tutte le cause. Secondo il padre dell'astrologia vedica Parashara Muni occorre conoscere la struttura dell’universo e come è avvenuta la creazione, perché da tale conoscenza si ottiene una grande benedizione. Ogni cosa ha un suo principio, se cerchiamo l’origine di qualsiasi cosa, anche la più semplice e la più ordinaria, notiamo che essa risiede sempre in una fonte d’intelligenza. 
In tutto il mondo ci sono diverse scritture e filosofie che spiegano come avvenga l'origine del mondo, e questo fa anche la Bibbia. Nei Veda, e in particolare nel Vishnu Purana, viene spiegato molto bene il processo della creazione dell'universo materiale che è quello che riguarda la materia di tutto ciò che è visibile. Parashara Muni, grande astrologo e astronomo, asserisce che l’intera manifestazione universale è l’ottava parte della manifestazione totale del tutto formato dal visibile e dall'invisibile. Quindi in questo mondo materiale c’è una parte percettibile all’occhio umano e una parte che è impercettibile. 
Nella natura materiale devono sussistere tre processi che si avvicendano ciclicamente: il processo della creazione, quello del mantenimento e infine quello della distruzione. Ciò che si trova in questo mondo materiale deve pertanto per forza nascere, continuare per un certo periodo di tempo e poi deve essere distrutto e annichilito. Nei Veda secondo una prospettiva verticale la Terra è al centro della creazione materiale. La Terra, che rientra nella parte visibile, è chiamata Bhurloka. Sempre nella parte visibile, quella che noi come esseri umani possiamo vedere, vi sono altre due dimensioni: Bhuvarloka e Svargaloka. La parte non visibile dei mondi superiori è rappresentata da Maharloka, Janarloka, Taparloka e Satyaloka, dimensioni che l’occhio umano non può percepire. In altre parole, noi che stiamo sulla Terra possiamo percepire solo queste tre dimensioni: Bhurloka, la Terra, Bhuvarloka, il nostro sistema solare, e Svargaloka, le galassie e le stelle. La parte non visibile dei mondi sotterranei è rappresentata da Atala, Vitala, Satala, Rasatala, Talatala, Mahatala e Patala.
Parashara Muni sostiene che per analizzare il karma di una persona si debbano analizzare le posizioni dei pianeti alla nascita dal Sole fino a Saturno, cioè i pianeti Sole, Luna, Venere, Mercurio, Marte, Giove e Saturno. Nell'astrologia vedica non vengono presi in considerazione Urano, Nettuno e Plutone, che sono pianeti esterni. Inoltre sono importanti anche le posizioni dei nodi lunari, Rahu e Ketu. Per riuscire ad analizzare la vita spirituale e il passato e presente di una persona attraverso la carta natale astrologica ci si avvaleva dell'astrologia karmica o vedica, che usava dei metodi perfetti di calcolo astronomico da applicare all'analisi dell'esistenza di una persona per previsioni e interpretazioni che venivano affidate all'antico psicologo.
Nei primi canti dello Shrimad Bhagavatam si parla del processo di creazione vedico suddiviso in maha kalpa, il quale avviene attraverso la respirazione di Vishnu, che crea tutti gli elementi e strumenti creatori, avikalpa o creazione e dissoluzione degli elementi materiali o kalpa. Prima della creazione, il caos primordiale indifferenziato o mahat tattva copre una parte del mondo spirituale, come una nuvola copre la pura coscienza e da lì germina l'intera creazione. Dal mahat tattva si manifestano gli elementi materiali come mente, intelligenza, falso ego, i sensi, i cinque elementi e il corpo materiale. La natura materiale è la causa del corpo e dei sensi, mentre i sentimenti sono trascendentali e provengono dall'anima spirituale.
Durante la creazione primaria il mahat tattva, letteralmente dal sanscrito grande verità, che corrisponde all'Intelligenza Divina o alla Mente Cosmica, riflette l'unica realtà della conoscenza universale. Nella creazione secondaria il Mahat genera manas  la mente e comunque fin dall'inizio contiene tutti gli ingredienti della manifestazione materiale, incluse le anime condizionate. E' il medium naturale tra il puro spirito e l'esistenza materiale. Gli esseri viventi, con i loro desideri e falso ego, sviluppano determinati sensi che coprono la loro vera identità spirituale. Con il processo dello yoga si realizza il proprio vero sé rendendosi independenti dalle grinfie di Maya o illusione.  
Nella filosofia sankhya il mahat-tattva è la forma totale dell'energia materiale che contiene tutta la realtà, la genera e la trasforma. 

 Cosmologia vedica 1




La cosmologia vedica rappresenta geograficamente i mondi, i pianeti e il nostro universo su diversi livelli di conoscenza e di comprensione. Descrive in maniera piuttosto accurata lo spazio e il tempo con una mappa che potete trovare nei testi sacri dei Veda e dei Purana, i quali hanno custodito fino ad oggi la conoscenza antica e l'hanno adattata nella forma e semplificata. Per fare un esempio nel Quinto Canto del Bhagavatam si racconta la base fisica di innumerevoli universi e l'impianto psicologico e ontologico sotteso che ne amplia la visione mondana. Si tratta di una geografia dell'anima dove ogni universo è contenuto in un guscio sferico che è circondato da strati diversi di materia elementare i quali segnano il confine tra lo spazio materiale limitato e il mondo spirituale illimitato. La materia elementare è formata dai cinque elementi: terra, acqua, fuoco, aria ed etere chiamato anche il quinto elemento. La quintessenza racchiude tutti gli altri elementi.
Chi ha creato i mondi? Secondo la letteratura classica indiana antica, Vishnu ha creato tutto quello che esiste e suddiviso il cielo in visibile e invisibile. Possiamo pensare alle costellazioni, come a una mappa stradale per l’anima che viaggia dopo la morte. Per prima cosa descriviamo la mappa vedica, per descriverla bisogna introdurre qualche idea base di astronomia. Le regioni che le anime migranti raggiungeranno in accordo al loro karma correda ciò che viene chiamato "La dottrina della  trasmigrazione dell'anima", teoria già presente in molte delle tradizioni delle civiltà antiche e perdute. Gli antichi greci, che noi in parte conosciamo, spiegavano con la filosofia la dottrina della metemsomatosi, il viaggio compiuto  dall'anima che viaggia da corpo a corpo, tra le vite, a seconda delle azioni compiute, virtuose o meno. In generale questa teoria è solo un accenno parziale della teoria vedica più ampia e completa che veniva rivelata agli iniziati della scuola d'Oriente.
L'anima è come un microcosmo, l'essere vivente, umano ha una comprensione relativa, e il suo essere al mondo si collega al macrocosmo astronomico come si collegherebbe alla ruota di un carro. Chi ne è il cocchiere? Cosa rappresentano i cavalli che trainano il carro? Nel mito platonico della caverna e della biga alata non viene spiegato tutto nei particolari, ma troviamo parecchi richiami storici anche ai cinque elementi e alla filosofia vedica che però venivano spiegati a voce dal/dalla maetro/a, come da tradizione secondo i canoni educativi la conoscenza vedica era trasmessa principalmente a livello orale ad personam.
Nei Veda ci sono numerosi riferimenti astronomici di stelle e pianeti e di relative misure con cui orientarsi. Gli studenti li apprendevano con una metrica poetica apposita per memorizzarli bene, ma non ci è dato sapere come siano state effettuate le stime. In Cosmologia vedica si afferma che gli scienziati moderni leggono la volta celeste e l’universo con l’aiuto di sofisticate strumentazioni, mentre nell’antichità i/le veggenti indiani/e o Rishi, la comprendevano attraverso la meditazione e i calcoli matematici.
Il diametro del fenomeno cosmico viene valutato essere di 6.440 milioni di chilometri, la terra si estende per circa 130 milioni di chilometri, e si descrivono degli strati sottili che la circondano formati rispettivamente di fuoco, di luce, di aria e di etere (Shrimad Bhagavatam 2.2.28). Tecnicismi a parte, la domanda che sorge è come sia stato possibile raggiungere questi calcoli senza la strumentazione che abbiamo noi oggi? Se confrontiamo queste misure con le nostre possiamo vedere infatti che esse corrispondono, anche se la visione del mondo è assolutamente diversa. Per esempio la copertura dell'universo si dice situata a 260.000.000 yojana (3.347.448.000 chilometri) dal Sole (Shrimad Bhagavatam 5.23.9) dove 1 yojana sono 12,8 chilometri, la Luna è posta a 100.000 yojana oltre i raggi del Sole, poi a 200.000 yojana vi sono delle stelle e oltre queste stelle c'è Venere. Dopo Venere a 200.000 yojana, c'è Mercurio, successivamente a 200.000 yojana si trovano Marte, poi Giove e poi Saturno. Al di là di Saturno vi è un gruppo si sette stelle che circondano Dhruvaloka, la stella fissa che è la dimora del Signore Vishnu all'interno di questo universo (Shrimad Bhagavatam 5.22).
Comparando le idee vediche che riguardano il tempo, con idee simili di tante altre culture in tutto il mondo, si evince che la maggior di esse parte abbiano basi comuni, un comune denominatore di partenza, pensiamo alla cultura cinese e a quella giapponese, ma non solo, che parlano anch'esse dei cinque elementi, tutte hanno qualcosa in comune con il pensiero vedico che però ci è arrivato più integro e completo. I ricercatori suggeriscono pertanto che sia esistita un’unica tradizione globale nel mondo testimoniata dai frammenti residui in molte culture. Lo studioso tedesco Franz Boll stabilisce un stretta relazione tra le tradizioni dei greci e quelle dei babilonesi. In accordo alle sue analisi, il dio babilonese Dikud, il giudice dell’Ade, corrisponde alla stella Theta Opphiuchi che è vicinissima a un punto menzionato nelle scritture antiche, che indica l’inizio del sentiero vedico dei Pitri. Boll dice che i testi si riferiscono a questa stella, come l’inizio del sentiero che porta a sud della volta celeste.  Nei Purana queste memorie compaiono in modo dettagliato e per noi è un po' come fare un salto nel passato per recuperare la nostra storia.
La creazione vedica del mondo materiale è personale e vi viene descritto un angolo del mondo spirituale speciale o brahmajoti dove a volte appare una nuvola, e la porzione coperta dalla nuvola è chiamata mahat-tattva. Vishnu si sdraia nell'acqua del mahat-tattva, conosciuta col nome di Oceano Causale e mentre dorme crea innumerevoli universi con il respiro. Entra poi in ognuno di questi universi e genera Brahma, il quale crea tutte le forme di cui dovranno rivestirsi gli esseri individuali, secondo i loro desideri (creazione secondaria). Egli crea anche il Sole, la Luna e altri esseri celesti (Shrimad Bhagavatam 2.5.33).
I cinque elementi sono elementi sottili che si collegano al mahat-tattva dunque non sono visibili ai nostri occhi e non si possono fotografare da strumenti o apparecchiature sofisticate ad alta definizione. Si potrebbe dunque concludere che qualunque tipo di scienza umana è limitato in qualche modo dagli strumenti che usa. I sensi sono collegati alla mente e la mente può proiettare immagini nelle percezioni, spesso vediamo ciò che ci aspettiamo di vedere e non ciò che c’è veramente di fronte a noi. La saggezza vedica indica l’esistenza di una civiltà tutt’altro che primitiva incentrata su pratiche spirituali yogiche. Questa tradizione olistica mette in relazione tutti i campi del sapere e afferma i valori della vita e li integra in modo armonico con il nostro sapere. Spesso la conoscenza scientifica si rivolge soprattutto agli agi materiali del corpo che è inesorabilmente destinato alla distruzione, mentre è la dimensione spirituale a caratterizzare il vero progresso di una civiltà. I Veda che presentano dialoghi e racconti filosofici trasmettono informazioni di carattere scientifico sempre validi se inseriti in un contesto più ampio di epistemologia globale di crescita e sviluppo dell’individuo.


lunedì 1 novembre 2021

 La tecnica yogica di ripetizione del mantra



 
Ci sono molte pratiche nello yoga che sono poco conosciute in Occidente, tra quelle più significative c'è la ripetizione del mantra che aiuta a concentrare la mente su un suono. Questo suono vibra a seconda della capacità che ha la persona di essere consapevole e mantenere la mente in uno stato tra gli stati, cioè a un livello di non attività e non passività, un livello cosiddetto intermedio che porta, con una certa costanza, alla pratica alla meditazione. Tra i vari mantra il più noto è la OM, che si recita solitamente prima di ogni rito. Esso è un mantra di base che serve per tutti gli altri e per questo viene chiamato anche pranava o primordiale. Il suo simbolo è un elefante stilizzato, animale capace di rimuovere gli ostacoli. Il mantra Om non è formato da due lettere ma in realtà da una sequenza di vocali, A E I O U alle quali poi alla fine si inserisce quella che noi chiamiamo consonante M, e a livello contratto viene presentata come sillaba sacra di un suono silente che si usa tra un mantra e l'altro. Esso apporta benefici mentali, fisici e spirituali, aiuta la concentrazione, la creativi e la consapevolezza. La parola mantra deriva dal sanscrito manas, significa mente e traya che significa liberare. Altri mantra famosi sono quelli per ogni pianeta astrologico, per la terra, per saturno, per giove e così via. Poi ci sono dei mantra per ogni chakra, centri sottili del corpo, ad esempio il mantra di Muladhara è LAM, quello di Svadhisthana VAM e quello di Manipura RAM, dato che consistono in un'unica sillaba sono considerati bija o mantra seme. Poi c'è il l'Om Namah Shivaya rivolto al dio Shiva e il Gayatri, un mantra vedico, che i brahmana cantano tre volte al giorno, la mattina, a mezzogiorno e alla sera e recita Om Bhur Bhuvah Svaha/Tat Savitur Varenyam/Bhargo Devasya Dheemahi/Dhiyo-yo nah Prachodayat. I mantra vengono ripetuti un numero dispari di volte, per la capacità assertiva della natura di dispari, nella posizione seduta o a gambe incrociate con gli occhi socchiusi, la respirazione deve essere costante e regolare in modo da sincronizzare la mente con l'emissione dell'aria e l'organo fonatorio. L'importante è rimanere consapevoli. Per i praticanti avanzati si consiglia di usare il japa che è una sorta di rosario formato da 108 perle. 

Il Rg veda attribuisce al mantra una funzione evocativa personale nei confronti della divinità alla quale ci si rivolge. Non può essere appreso da un libro ma da un Guru o maestro di yoga con un rito di iniziazione. Alcuni mantra hanno un significato letterale e possono anche essere tradotti, ma la maggior parte di loro si attiva proprio grazie alla qualità del suono e a come vengono pronunciati, con quale attitudine e intenzione e come lo si auto-ascolta fa la differenza per purificare, pacificare e trasformare il cuore. L'effetto che dà è che sostituisce i nostri discorsi interiori che sono la maggior parte del pensiero cosciente per la maggior parte delle persone. La sua natura ritmica permette di superare condizionamenti psicologico-sociali che sono quelli della frequenza radio e televisiva. La pronuncia e l'intonazione sono importanti, può essere sussurrato, recitato ad alta voce o semplicemente ripetuto nella mente.
Le diverse esecuzioni dello stesso mantra determinano effetti psico-fisiologici diversi. Cantando a voce alta e respirazioni profonde si innalzano progressivamente i valori della pressione, mentre all'opposto se lo si canta sottovoce e con respirazione addominale lenta allora si riducerà l'innalzamento eccessivo della pressione arteriosa, sia quella sistolica che diastolica. Dunque il soggetto varia il tipo di respirazione a seconda dello stato mentale di quel momento. Si associa spesso a un mudra o posizione delle mani che stimola alcuni punti dei canali energetici del corpo. Un esempio famoso di mantra nella tradizione ortodossa cristiana della chiesa d'Oriente è quella del Pellegrino russo, che nell'opera omonima recitava incessantemente "Signore abbi pietà di me". 
In sanscrito le lettere matrika o "simboli madri" si associano con le simboliche sementi per formare una monosillaba capace di attivare certe particolari zone del corpo sottile umano, esse agiscono nella fisiologia sottile. Nei testi sacri Purana si menzionano alcuni tipi di mantra che erano utilizzati per materializzare i brahmastra, leggendaria armi nucleari usate dai brahmana che erano indistruttibili e invincibili. Era un'arma quasi soprannaturale per antonomasia, da astra che significa arma creata dal dio Brahma, capace di annientare interi eserciti perché non può essere fermata in nessun modo e serve ai guerrieri per difendere l'ordine e la giustizia. La sua potenza è devastante da provocare morti e danni sull'ambiente, viene citata ad esempio nel Ramayana nell'ultima battaglia contro il demone Ravana.  
Il mantra consigliato nell'era che stiamo attraversando del Kali yuga, era del ferro, è il maha mantra Hare Krishna o mantra supremo che ci libera da tutte le ansietà del mondo materiale: Hare Krishna/Hare Krishna/ Krishna Krishna Hare Hare/Hare Rama/Hare Rama/Rama Rama Hare Hare. Nel Narada pancaratra è detto che tutti i metodi di  realizzazione spirituale sono riassunti in questo mantra, dove Krishna vuol dire "Colui che attrae tutti", Rama significa "Colui che dà piacere a tutti" e Hare è l'energia devozionale del Signore Supremo. Quindi il maha mantra Hare Krishna significa "Oh Signore che attrai e dai piacere a tutti, o energia del Signore, Ti prego impegnami nel Tuo servizio di devozione". E' una specie di meditazione che deriva dalla contemplazione del nostro essere o falso ego e che ha bisogno di tempo e costanza per essere realizzato come verità o anima. 


Quando lo recitiamo sul japa o mala ci connettiamo con la purezza della gioia eterna, il nostro cuore si libera e diventiamo leggeri "Semplicemente cantando il maha mantra uno può ottenere la perfezione nella realizzazione del Sé" (Vishnu Purana 6.2.17). Questo è il mantra della devozione pura e disinteressata.
In realtà non esistono regole rigide su quando e dove recitare il maha mantra, lo si può cantare in qualsiasi momento e ovunque, quando ad esempio ci sentiamo angosciati o per sentirci meglio, in ogni caso al mattino presto e la sera sono le ore più indicate per il canto. La posizione classica è quella seduta nella posizione a gambe incrociate con la colonna eretta oppure camminando, gli occhi possono essere chiusi o aperti, non resta che provare!  
Per molti secoli il mantra è stato fatto vibrare come suono trascendentale per liberare la mente ed oggi non ha bisogno di conoscenze o qualifiche particolari, perché deriva dalla piattaforma spirituale che purifichi il nostro cuore per tutte le nefandezze commesse in molte vite. Non può essere una pratica imposta, ma viene assunta come pratica di consapevolezza della propria posizione di essere umano senziente che vuole elevarsi dall'attaccamento dei sensi della vita materiale. Si tratta dunque di una richiesta di protezione trascendentale.
Leggiamo alcune parti dal diario di un monaco per aiutarci a capire l'essenza della pratica: «Chiudendo gli occhi mi immersi nel canto senza fine dell'Om, la melodia del fiume. Era semplicemente meraviglioso. Sentivo che stava accadendo qualcosa di straordinario. In quel momento sentii qualcosa che sembrava salire dalle profondità del cuore di Madre Gange. Migliaia di voci celestiali in coro recitavano un lento e incantevole canto che sembrava risuonare per tutta la valle (il maha mantra). La recitazione del maha mantra divenne parte integrante delle mie preghiere» (tratto da "Ritorno  a casa" di Radhanath Swami). In questo libro si parla della vita di un monaco che incontra nel suo viaggio verso lo yoga molte persone comuni e straordinarie di tante  tradizioni religiose. Grazie ai preziosi insegnamenti e al luminoso esempio del suo maestro ha avuto accesso a rivelazioni mistiche che gli hanno trasmesso la forza per proseguire nel suo cammino spirituale. Il suo maestro, che da giovane era stato attivamente coinvolto nel movimento indipendentista di Mahatma Gandhi per la difesa della cultura indiana dal dominio inglese, abbracciò poi l'ordine di rinuncia e portò il maha mantra in Occidente facendolo conoscere in tutto il mondo.
Dunque non ci sono limiti alla recitazione del mantra, ognuno può provarlo per provare i suoi benefici effetti. Suono e materia sono due aspetti complementari della stessa realtà come forme lucenti all'interno del nostro essere. Dona sonorità viva alla voce ed è pronto a germogliare nell'universo esterno quello che risulta all'interno come una porta invisibile tra il fuori e il dentro della nostra percezione coscienziale. Costituisce l'essenza profonda dell'anima vibratoria come nella seguente storia del Ramayana, il poema epico più antico dell'India, quando il re Rama cerca la moglie Sita che si trova nell'isola di Sri Lanka trasportata lì dal demone Ravana. Allora per raggiungerla il re delle scimmie Hanuman, suo alleato, chiamando ogni pietra "Rama" la getta nel mare facendola galleggiare e permettendo a Rama di raggiungere la sua consorte e riportarla a casa nel più breve tempo possibile.  
 


Elementi di cosmologia vedica, viaggi analogici tra microcosmo e macrocosmo

La mia opera Cosmologia vedica raccoglie alcuni pensieri, racconti e aforismi sottoforma diaristica attraverso il metodo autobiografico. Ci sono poi delle parti teoriche dello yoga e al termine ci sono anche un glossario e delle appendici utili alla consultazione. Si tratta di circa 74 pagine, ben corredate da schemi e note a piè di pagina, editi dalla tipografia triestina ed editori associati.
In Cosmologia vedica si afferma che gli scienziati moderni leggevano la volta celeste e l'universo con l'aiuto di sofisticate strumentazioni, mentre nell'antichità i veggenti indiani o Rishi li scoprivano attraverso la meditazione e i calcoli matematici. Si cita l'opera Shrimad Bhagavatam, opera che risale a cinquemila anni fa, come uno dei libri di riferimento perché vi si parla del cosmo e del pianeta terra con le azioni di alcuni personaggi secondo una visione geocentrica. Si narra che l'universo materiale si trova all'interno di sfere più grandi, rappresentate come dei gusci. I livelli di conoscenza che ne dà sono diversi, nel quinto canto si racconta di innumerevoli universi, oppure nel terzo canto si dice che “tutti gli universi sono raggruppati insieme e sembrano un’enorme agglomerato di particelle” (SB 3.11.41), inoltre che “ci sono innumerevoli universi oltre al nostro e, benché siano estremamente estesi, si muovono come atomi” (SB 6.16.37). Infine in innumerevoli passi si afferma che il pianeta Terra è solo uno dei tanti pianeti, cosa che ipotizzarono anche Democrito, Epicuro e Giordano Bruno.



Domanda: Qual è il messaggio dell'opera?
Risposta: E' un'opera di carattere polisemantico, in cui ho voluto inserire messaggi di pace, di creatività e di speranza in un quadro universale che promuove le cose e le disegna con uno sforzo educativo, culturale e artistico personale per raggiungere un'armonia conoscitiva tra le diverse culture e arti.

Domanda: Qual è l'origine del cosmo?
Risposta: Esiste una fonte d'intelligenza, secondo il padre dell'astrologia vedica Parashara Muni occorre conoscere la struttura dell’universo e come è avvenuta la creazione, perché da tale conoscenza si ottiene una benedizione. Ogni cosa ha un suo principio. Se cerchiamo l’origine di qualsiasi cosa, anche la più semplice e la più ordinaria, notiamo che essa risiede sempre in una fonte d’intelligenza. 

Domanda: Quali sono gli strumenti di conoscenza?
Risposta: Abbiamo due principali mezzi di conoscenza: pramana e phala. Pramana riguarda tutto ciò che i nostri sensi possono percepire, vedere e capire, phala riguarda una dimensione che non si può comprendere, che i nostri sensi non possono percepire. Dai Veda riceviamo informazioni a livello pramana e a livello phala. Adesso noi sulla terra stiamo affrontando una dimensione phala, una dimensione che i nostri sensi non possono percepire in quanto limitati, che però non per questo non esiste. 

Domanda: Potresti fare un esempio?
Risposta: L’aquila vede 200 volte di più di un essere umano, l’olfatto di un cane è più sviluppato di quello degli uomini. Noi vediamo che il corpo nasce, si mantiene per un periodo e poi sparisce. Questa impressione, che promana dal nostro corpo, ci fa ritenere che tutto ciò che esiste debba nascere, mantenersi e poi sparire e non ci consente di comprendere il concetto di eternità che riguarda lo spirito.

Domanda: Come avviene il processo di creazione vedico?
Risposta: In tutto il mondo ci sono diverse scritture e filosofie che spiegano il processo della creazione, come fa la Bibbia. Nei Veda, soprattutto nel Vishnu Purana, viene spiegato molto bene il processo della creazione dell'universo materiale. Parashara Muni dice che l’intera manifestazione universale è l’ottava parte della manifestazione totale del tutto. Quindi in questo mondo materiale c’è una parte percettibile all’occhio umano e una parte che è impercettibile. 

Domanda: C'è un aspetto più tecnico della creazione vedica?
Risposta: Da Brahma nascono gli universi e diversi semidei, vari controllori degli elementi materiali. Nella natura materiale devono sussistere tre processi: il processo della creazione, quello della manutenzione e quello della distruzione. Tutto ciò che si trova in questo mondo materiale deve nascere, si deve mantenere per un periodo di tempo e poi deve essere distrutto.

Domanda: che cos'è il karma?
Risposta: I Veda dicono che noi viviamo dentro una sola sfera celeste e quando l’anima riesce a uscirne ottiene la liberazione, perché è dentro di essa che si attivano la legge del karma di azione e reazione e della reincarnazione. 

Domanda: Qual è la differenza tra l'astronomia occidentale e quella vedica?
Risposta: Nei Veda secondo una prospettiva verticale la Terra è al centro. La Terra, che rientra nella parte visibile, è chiamata Bhurloka. Sempre nella parte visibile, quella che noi come esseri umani possiamo vedere, vi sono altre due dimensioni: Bhuvarloka e Svargaloka. La parte non visibile dei mondi superiori è rappresentata da Maharloka, Janarloka, Taparloka e Satyaloka, dimensioni che l’occhio umano non può percepire. In altre parole, noi che stiamo sulla Terra possiamo percepire solo queste tre dimensioni: Bhurloka, la Terra, Bhuvarloka, il nostro sistema solare, e Svargaloka, le galassie e le stelle. La parte non visibile dei mondi sotterranei è rappresentata da Atala, Vitala, Satala, Rasatala, Talatala, Mahatala e Patala. 

Domanda: Come si valuta il karma di una persona?
Risposta: Parashara Muni sostiene che per analizzare il karma di una persona si debbano analizzare le posizioni dei pianeti alla nascita dal Sole fino a Saturno, cioè i pianeti Sole, Luna, Venere, Mercurio, Marte, Giove e Saturno, accanto alle dimensioni Bhurloka, Bhuvarloka e Svargaloka. Nell'astrologia vedica non vengono presi in considerazione Urano, Nettuno e Plutone, che sono pianeti esterni. Inoltre sono importanti anche le posizioni dei nodi lunari, Rahu e Ketu.


Per ricevere una copia in formato pdf del libro Elementi di cosmologia vedica potete richiederlo al seguente indirizzo email: noumenoafvg@libero.it