venerdì 26 ottobre 2007

Jahnava blog

Yoga e autobiografia 

All’età di sei anni mio padre mi ha presentato Giorgio, un conoscente praticante di yoga, della scuola di Yogananda Paramahansa, con il quale ho iniziato a praticare le prime asana o posizioni per rimanere seduta, in piedi o sdraiata e respirare senza fatica. Questo signore cantava volentieri accompagnandosi alla chitarra in modo gioioso e cucinava cibo vegetariano cotto al forno, come miglio al rosmarino. Da quella volta ho avuto modo, nel corso degli anni, di conoscere più profondamente la filosofia tra Oriente e Occidente, di occuparmi di corpo, mente e spirito a livello individuale e di gruppo, sia come studentesche come insegnante.
Sono trascorsi una cinquantina d’anni circa e ho avuto modo di accrescere la mia preparazione con molte altre competenze e abilità, ma in fondo sono rimasta la stessa di sempre, con la voglia di esprimere emozioni e pensieri. Grazie anche all’incontro di tante persone straordinarie, che mi hanno formato — la vita, si sa, è l’arte dell’incontro — sono cresciuta interiormente, e la maggior parte delle persone straordinarie sono state delle persone comuni, che nessuno conosce pubblicamente, non sono famose, ma sono capaci di lasciare un segno in completa naturalezza, perché aperte e sensibili nei confronti degli altri/e. Sono queste persone estremamente semplici che mi hanno fatto capire tante cose e hanno fatto sì che diventassi quella che sono, mi hanno trasmesso con il loro esempio valori importanti e fatto capire cosa conta veramente: esiste un ordine nell’universo, nelle cellule e nei pianeti intorno a noi, gli esseri viventi creano una rete di relazioni utili di cooperazione e aiuto reciproco per svilupparsi nella loro essenza.

Fatta questa premessa potrei continuare con una serie di citazioni dotte di filosofia o addurre testimonianze dirette con nomi ed evidenze che comprovano quello che dico. Io chi sono? Una sequenza predestinata di eventi originali, incredibilmente unici, che formano una vita o sono un essere che sceglie in ogni istante quello che vuole fare? Quale strada intraprendere ponendosi alcune domande: «Chi sono? Dove sto andando e perché?» Di risposte a queste domande filosofiche ne troviamo tante in tutti i libri di filosofia e anche nei salotti culturali, più o meno accurate, a seconda del grado di consapevolezza, che ci rende partecipi alla realtà e ci fa percepire ciò che siamo e ciò che vogliamo essere. Per poter essere bisogna aderire a ciò che siamo e riconoscere i nostri limiti e le nostre radici.

Il metodo empirico non ammette scorciatoie, se so ad esempio che un corvo vive cent’anni, non sarò in grado di accertarmene direttamente comprandone uno e verificando nel tempo che ciò sia vero, dunque dovrò adottare altre strategie. Per verifiche di tipo metafisico ci vuole in sostanza un metodo metafisico, da applicare con estrema naturalezza. Il nostro “Io” identitario ci aiuterà facilmente nel compito prestabilito, per riconoscere i comportamenti virtuosi (sinderesi), per allargare gli orizzonti socio-culturali e cognitivi e applicarli senza fatica alle nostre migliori qualità. Il percorso della ricerca della felicità è spesse volte in salita, e non ci accorgiamo di avere accanto dei valori e degli alleati utili, in primis la nostra mente, che può essere la nostra migliore amica o nemica. «La mente è la migliore amica per colui che è riuscito a controllarla, ma per chi non è riuscito a controllarla diventa la peggiore nemica; per cui la persona che riesce veramente a controllare la propria mente raggiunge una coscienza superiore» (Bhagavad-gita, 6.6).
Per caso ho iniziato a studiare filosofia all’Università, e successivamente ho conseguito un certificato di filosofia Indovedica che mi ha permesso di poter scrivere saggi comparativi, oltre che poesie, racconti e articoli giornalistici, da trasmettere a studenti e appassionati della materia. Come accadono le cose? Le progettiamo noi come vuole la meccanica quantistica, o ci capitano senza motivo? Se è vero che siamo artefici del nostro destino, perché non sono diventata una atleta o una regista come ho desiderato da piccola? In effetti la mia coscienza è cambiata, a contatto con persone diverse la mia storia è cambiata, normalmente, senza grossi sforzi cambiamo a contatto con persone che ci trasmettono conoscenza! 

Conoscere non è però essere, abbiamo conoscenza e possiamo riflettere su chi siamo nella storia e nel tempo, il metodo di conoscenza dell’essere è il più facile e intuitivo, per conoscerci ed esistere ci si situa nella consapevolezza di essere coscienti. Nel mito della caverna Platone presenta il risveglio del filosofo (VII libro della Repubblica 514b-520a) che esce dalla caverna oscura e il suo tentativo di aiutare anche gli altri prigionieri rimasti dentro la caverna. I prigionieri riescono a vedere solo ombre proiettate sul muro davanti a loro e pensano che quella sia la verità. Il percorso del filosofo, che illumina con la luce della conoscenza sé stesso e gli altri, non è veloce, richiede tempo, sacrificio e dedizione, richiede una guida, un maestro. Questo mito ci insegna che possiamo scegliere se vivere alla luce o al buio, i prigionieri sono schiavi dei sensi, e quando il filosofo cerca di liberarli loro non gli credono e lo uccidono. Il filosofo non riesce a liberare i prigionieri schiavi delle apparenze, cerca di narrare la sua esperienza (diegesi) ma non viene creduto perché il velo di Maya, dell’illusione, ha offuscato le menti dei prigionieri e ha impedito loro la conquista del vero (Rg veda VI, 47, 18).
I contributi di studiosi orientalisti alla storia della filosofia hanno arricchito le visioni del mondo e prodotto l’incontro della mente e del cuore tra Occidente e Oriente. La metafisica come studio scrupoloso e attento della realtà è possibile in quanto naturale per la persona che trova un suo completamento nella natura interiore e sovrasensibile. Come sottolinea Platone (429-348 a. C.) nella seconda navigazione, quella senza il favore degli elementi, bisogna usare l’intelletto e talvolta anche le braccia per mettersi a remare.
Tra similitudini e fantasmagorie i luoghi della filosofia sono cambiati, ci sono sempre più spazi formativi informali oltre a quelli scolastici consolidati degli enti pubblici. L’ Accademia di Platone era collocata in un luogo sacro agli dei, e la divinità adorata ne era la proprietaria dal punto di vista giuridico. Maestro e discepoli vivevano assieme secondo regole prestabilite. Il complesso di proprietà della scuola comprendeva il giardino, il santuario, l’altare, le statue, gli ex voto, la passeggiata e la biblioteca. Solo gli schiavi e i libri erano proprietà dello scolarca o fondatore della scuola.
E le donne? Tra i numerosi Maestri dell’antichità (a quando una collana editoriale col titolo Maestre?) troviamo anche la testimonianza di qualche (seppur rara) filosofa: Ipazia di Alessandria (360-415 d. C.) per esempio viene citata come fonte indiretta da Socrate Scolastico, Sinesio di Cirene, Filostorgio e Damascio. Era la figlia di Teone, direttore della biblioteca di Alessandria, ed era matematica, astronoma e filosofa, prima allieva e collaboratrice del padre, poi direttrice della scuola neoplatonica. Anche altre filosofe antiche e moderne sono citate nei libri di storia, nei tempi vedici (1500-1200a.C.) ricordiamo Gosha, che scrisse miriadi di inni sacri, Lopamudra, moglie del saggio Agasthya, Maitreyi, filosofa e scrittrice, Gargi, profetessa e figlia del saggio Vachaknu. Poi ancora Diotima, Teoclea, Plotina, Elisabetta di Boemia, Simone Weil, Hannah Harendt e Simone de Beauvoir, solo per citarne alcune. Il dominio della filosofia è sempre stato appannaggio maschile, solo nel 1800 si vedranno delle scuole di filosofia aperte anche alle donne. Infatti proprio la filosofia è uno dei campi delle scienze umane meno proporzionato rispetto al genere, le donne costituiscono meno del 17% degli iscritti/e alla facoltà di filosofia. Uno studio sociologico del 2013 ha messo in luce come i contributi e le citazioni femminili in ambito filosofico siano solo del 3,6%. La filosofa Sally Haslanger ha dichiarato nel 2008 quanto fosse difficile trovare un posto di lavoro in filosofia che non sia ostile verso le donne, dunque si tratta anche di un ambiente altamente selettivo rispetto al genere e che reca psicologicamente un certo timore a chi non è attrezzato a frequentarlo. Ciò non ha impedito però ad alcune donne di inserirsi con impegno e applicazione. Luce Irigaray (1930) ha preparato il terreno per un’educazione di genere negli anni Settanta, ha promosso un modello di cittadinanza che tenesse conto della differenza di genere e scritto opere di valore storico non indifferente. Ciononostante in molti manuali di filosofia le donne sono quasi o del tutto assenti, oppure compaiono con un contributo limitato alla sensibilità femminile. Le associazioni di filosofe e le reti di donne filosofe sono elitarie, non funzionano in modo ottimale, spesso la filosofa viene etichettata come intellettuale femminista fanatica che copia l’uomo manager. Non mancano i modelli di riferimento, ma si citano poco e a sproposito perché il pensiero femminile viene riconosciuto in un ambito domestico, in una storia autobiografica o di supporto medico infermieristico. 
Grazie all’appoggio di organizzazioni culturali sensibili ai miei progetti sono riuscita nell’intento di pubblicare articoli, poesie, saggi e racconti per studenti e appassionati alla filosofia. Ho studiato che il pensiero femminile vanta una tradizione millenaria, e si basa su intuito, libertà e autostima. Il libro Nonostante Platone (1990) di Adriana Cavarero dipinge una galleria di eroine classiche come Penelope e Demetra che si muovono in uno scenario sociale ben definito, fatto di scelte logiche precise e meditate. La donna non è più una pedina senza scacchiera, ma sa muoversi bene in un universo morale e realistico, fatto di cultura e intelletto emotivo legato all’azione, senza imporsi con la forza o con competizione fine a sé stessa. L’educazione di genere ha sviluppato un linguaggio corretto e inclusivo per realizzare la gestione del bene comune. Anche le donne filosofe vogliono partecipare a una forma-pensiero che lasci i segni nella storia dell’essere umano, al di là del genere e delle differenze, la donna vuole oggi realizzarsi anche spiritualmente. Certo, se penso ai ricordi di scuola trovo immagini solo maschili, ma se, invece, penso a figure straordinarie ritrovo tante immagini di donne amiche, parenti e colleghe, che hanno creato con me una nuova storia e tracciato un binario di conoscenza e capacità critica. Se mi guardo indietro non trovo solo figure di maestri, ma anche di grandi maestre che son rimaste indelebili e che hanno espresso la loro opinione, anche se a volte scomoda, con l’obiettivo di portare un contributo al pensiero collettivo non solo femminile e oggi, grazie a loro, possiamo citare tante altre donne con opere originali nella storia della scienza e della letteratura, per formare un discorso più ampio di collaborazione e di speranza.