martedì 4 gennaio 2022

Cosmologia vedica 4



Lo Studio del Cielo con i suoi elementi ha sempre affascinato l'essere umano che da millenni ha cercato di controllare lo spazio aereo e circoscriverlo nel suo campo d'azione, per fare ciò è assolutamente indispensabile approfondire la conoscenza scientifica del pensiero arcaico e su cosa significhi scienza e co-scienza. Riguardo a questo tema ci sono note cosmologiche  elementari recenti da affrontare presenti nei classici della letteratura come Omero, Dante e Shakespeare. In un saggio introduttivo Il Mulino di Amleto (1983) Giorgio de Santillana de Santillana e Hertha von Dechend sulla struttura del tempo c   i avvicina ad alcune fonti comparate del mito attraverso civiltà perdute che forniscono chiavi preziose d'analisi sulla volta celeste. 
Lo studio della storia antica è uno strumento utilissimo per comprendere la metodologia delle scienze umane, e proprio in quest'opera gli autori prendono consapevolezza che il mito è una scienza esatta, dietro alla quale operano misure precise, ma qualitativamente diverse dalle nostre, perché legate alla concezione ciclica e stagionale delle cose. 
Nella cosmologia vedica possiamo ritrovare le nostre radici umane e una conoscenza completa che unisce varie civiltà e i nostri predecessori avevano una consapevolezza della storia dell'umanità diversa dalla nostra, e la trasmettevano attraverso l'educazione della scienza e della filosofia vedica. Come ben sappiamo all’inizio del Quattrocento in Europa l’astronomia è una disciplina ben radicata nel sistema della conoscenza e nei curricula universitari, infatti insieme ad aritmetica, geometria e musica, essa è parte del quadrivium o studi superiori che si basavano sul trivium propedeutico di grammatica, logica e retorica. Il complesso delle discipline insegnate nelle facoltà delle Arti liberali, era il prerequisito di chi voleva poi proseguire negli studi universitari di medicina, del diritto o teologia. Forse non tutti sanno che l’astronomia è talvolta insegnata nella facoltà di Medicina come astrologia medica, che studia le influenze celesti sul corpo umano e sceglie il momento migliore per la somministrazione di farmaci e per varie terapie. Alla base della dottrina c'erano i testi dell’antichità classica di Ippocrate, di Euclide e Tolomeo, lette in traduzioni medievali e spesso commentate dai filosofi arabi, che  introducevano gli studenti a questioni più complesse e di maggior interesse pratico, quali la compilazione di predizioni astrologiche come oroscopi. In Italia i primi insegnamenti pubblici risalgono alla fine del Tredicesimo secolo, mentre una cattedra stipendiata di astrologia, nei cui termini era compresa l’astronomia, risulta essere attiva a Bologna sin dal 1334. 
Nella cosmologia vedica i calcoli astrologici tenevano conto di molteplici parametri poi semplificati dall'Astrologia occidentale e che invece nei Veda costituivano una scienza esatta chiamata Jotish o Astrologia karmica come la conosciamo noi oggi. Essa prendeva in considerazione oltre ai consueti pianeti Marte, Giove ecc.. anche dei due non pianeti Rahu e Ketu. Rahu è considerato il nodo lunare nord o testa del dragone mentre Ketu è il nodo lunare sud o coda del dragone. Sono considerati i pianeti “ombra” o “secondari” che rappresentano i punti in cui l’orbita dell’equatore celeste (eclittica) interseca l’orbita della Luna. Sono i punti in cui si formano le eclissi. Per questo sono importanti nell'interpretare i pianeti natali e si racconta la loro storia nei miti cosmologici vedici. Il saggio Durvasa mentre girovagava sulla terra incontrò una ninfa dell’aria e le chiese la ghirlanda di fiori che aveva al collo. Ella acconsentì e il saggio quindi incontrò Indra, il capo degli dei, alla guida del suo elefante Airavata. Durvasa allora gli gettò la ghirlanda come omaggio, lui l'afferò e la pose sulla testa dell’elefante, che irritato dal profumo dei fiori, prese la ghirlanda con la sua proboscide e la gettò a terra. L’azione dell’elefante scaturì la collera di Durvasa che lanciò una maledizione ad Indra dicendo: ”Così come la ghirlanda e’ stata fatta cadere a terra , anche Indra cadrà, perdendo il dominio dei tre mondi”. A nulla servì la richiesta di perdono al saggio, supplicandogli di annullare la maledizione, il saggio lo ignorò e proseguì il suo cammino. Indra con il suo esercito degli dei, incominciarono a perdere colpi nella  continua battaglia contro i demoni o Asura e persero il controllo dell’universo. Gli dei per proteggersi andarono a chiedere aiuto a Brahma, il quale li indirizzò da Vishnu. Vishnu rispose di convincere i demoni a un'alleanza, allo scopo di estrarre il nettare dell’immortalità Amrita dall’Oceano di latte per poi condividerlo. Vishnu avrebbe fatto sì che l’Amrita fosse bevuto poi solo dai Deva. Informarono gli Asura, che allettati da tale proposta accettarono senza esitare e iniziò la zangolatura dell’Oceano di latte. I demoni tiravano la coda del serpente Vasuki che stava nell'Oceano mentre gli dei lo tiravano dalla testa.
L’uso alternato delle due forze avrebbe così agitato l’oceano ed estratto l’Amrita con il vaso dove era contenuta da Dhanvantari, la divinità associata all Ayurveda, e gli Asura lo rubarono. Vishnu prese le sembianze di una donna affascinate chiamata Mohini, e seducendo gli Asura si riappropriò del vaso. Mohini quindi andò dagli dei per far mangiare loro l’Amrita. Un Asura di nome Svarbhānu, di nascosto si infiltrò per rubare il nettare che Mohini stava distribuendo, ma il Sole e la Luna  lo notarono e avvertirono Vishnu/Mohini, che lo tagliò in due. Però l’Asura aveva ormai mangiato il nettare ed era divenuto immortale, maledisse il Sole e la Luna per averlo scoperto e da allora sia Rahu, la Testa dell’Asura, sia il resto del corpo dell’ Asura o Ketu periodicamente oscurano il Sole e la Luna provocando le eclissi.
Le funzioni simboliche della testa senza corpo di Rahu sono legate al fatto che tende a “mangiare” senza mai saziarsi, mentre il corpo senza testa tende a cercare senza poter vedere. Ketu indica ciò che siamo riusciti ad ottenere in passato e ora, in questa esistenza non desta il nostro interesse. Ketu spesso indica la fine di un ciclo karmico. Rahu indica ciò che ci ossessiona in questa esistenza e che fatichiamo ad ottenere, e anche se la otteniamo, non ci soddisfa. Rahu indica l’inizio di un ciclo karmico ed è la forza che ci rende incarnati, che ci ha fatto nascere, che ci proietta verso la materialità.

 Cosmologia 3



Il cinghiale è considerato animale sacro dai Druidi e adorato per i suoi poteri e forza. Oggi, invece, quando ci imbattiamo in un animale siffatto o lo vediamo ritratto in qualche foto di facebook, ci possiamo persino spaventare immaginando di poterci trovare a poca distanza da lui, perché chi vive come noi in città, o vicino alle metropoli, ha perso il contatto e la conoscenza della Natura. Il dio greco della guerra Ares si era trasformato nell'ungulato per fuggire dalla guerra in corso tra gli dei dell’Olimpo e i Titani ed evitare così lo scontro con il terribile gigante Tifone. Questo dimostra la grande forza dell'animale, che in molti ambiti può destare dubbi di coabitazione con gli umani, grufolano sui campi coltivati, attraversano la strada, entrano nei centri urbani e li si incontra durante passeggiate ed escursioni. Certamente la caccia non è una soluzione, anzi, molti biologi evidenziano come dove la pressione venatoria è più alta i cinghiali femmina iniziano a partorire in età precoce, infatti questi animali vivono in società matriarcali, dove recenti studi hanno evidenziato come un feromone, emesso dalle “matrone”, blocca l’estro delle femmine più giovani. L’attività venatoria, compromettendo l’equilibrio dei gruppi, lasciandoli quindi senza le “matrone”, favorisce l’estro delle femmine più giovani che iniziano subito a riprodursi, anche due volte all’anno.

A parte che la soluzione passa, invece, per i metodi ecologici di contenimento, la fauna selvatica per legge può essere abbattuta solo se l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) verifica l’inefficacia dei metodi ecologici.
Ciò non toglie che anche nella Cosmologia vedica il cinghiale divenga un simbolo divino capace di grandi cose. A quando risale questa storia? Bisogna pensare che la concezione del tempo nei Veda spesso sfida le visioni convenzionali della storia umana, le scritture vediche parlano di storie molto antiche, precedenti alle glaciazioni e ancora a molto tempo addietro ... il tempo non è solo lineare, ma può essere considerato anche come circolare e ciclico. La Natura stessa ha dei cicli di esistenza, mantenimento e dissolvimento e ci sono dei cicli cosmici negli esseri viventi e nell'universo. Le ere nella Cosmologia vedica si chiamano Yuga, ce ne sono quattro di principali e poi ci sono i grandi cicli o grandi ere che le contengono. Le caratteristiche psico-fisiche delle popolazioni cambiano a seconda della mentalità dell'era, ora ci troviamo in Kali Yuga e le persone vivono al massimo cento anni. Kali Yuga inizia nel 3102 a.C. circa e contiene una sottoera dell'oro considerata transitoria, che durerà diecimila anni, per poi riprendere con l'età della decadenza e in sequenze programmate di cicli e sottocicli che porteranno all'ennesima dissoluzione.
Torniamo ora all’inizio della creazione narrata dai Veda, quando un minuscolo cinghiale bianco uscì dalla narice di Brahma, e prima che lui potesse accorgersene, il cinghiale espanse il suo corpo nel cielo nella dimensione di un grande elefante. All’inizio Brahma rimase stupito, ma poi capì che si trattava di un'incarnazione divina. Il frastuono del grugnito dell’incarnazione cinghiale piacque a Brahma che si sentì rassicurato dal fatto che avrebbe risolto tutti i suoi problemi.
Tuffatosi nelle acque tumultuose, Varaha cercò il pianeta Terra con grande irruenza, fino a terrorizzare l’Oceano stesso. Trovatolo dove i pianeti cadono durante la devastazione, lo risollevò dalle acque e lo ripose nella sua posizione naturale. Durante ogni ciclo di devastazione Varaha tornò ancora per la stessa ragione e in più uccise il demone Hiranyaksha che aveva causato la caduta del pianeta. In quell’occasione Varaha avrebbe assunto il colore rosso.
La seconda incarnazione nella forma di cinghiale si manifestò per uccidere il demone Hiranyaksa, nato dalla progenie atea di Diti, fratello del demone Hiranyakasipu.
La storia narra che Hiranyaksa si tuffò nell'Oceano e nuotò fino alla dimora del dio delle acque Varuna, per combattere contro di lui. Varuna si rifiutò di combattere e lo consigliò invece di affrontare il Signore Visnu e fu proprio allora che il cinghiale bianco Varaha aveva tratto in salvo la Terra dall’Oceano. Alla vista del pianeta terra che posava sulle zanne del Signore Varaha, Hiranyaksa, pieno di risentimento, lo rimproverò di essere come un animale anfibio e minacciò di ucciderlo se non avesse subito restituito la Terra. Varaha balzò fuori dall'acqua e inseguito dal demone posò la Terra sull'acqua e rispose: “O vanaglorioso Hiranyaksa, sono veramente un cinghiale selvatico, smettila di parlare in modo così borioso e vincimi se puoi”.
Hiranyaksa si agitò come un cobra e attaccò Varaha con la sua mazza, ma lui si schivò facilmente. Entrambi si colpirono ripetutamente a vicenda, e anche entrambi schivarono abilmente i colpi del nemico, facendo perdere sangue ad entrambi. Ogni ferita aumentava la loro collera. Visto che la potenza del demone aumentava la sera, Brahma chiese a Varaha di ucciderlo con la mazza colpendolo al mento. Il demone resistì e allora Varaha con il disco Sudarsana lo colpì a morte. Hiranyaksa colpì con il pugno l’ampio petto di Varaha prima di morire, ma non sortì alcun effetto, allora ricorse alla magia, creando con l’illusione demoni, temporali, venti impetuosi, nuvole minacciose e un diluvio di macigni, ma il disco Sudarsana dissipò queste magie. Hiranyaksa allora provò a stritolarlo e poi tentò un ultimo assalto, ma venne colpito alla base dell’orecchio e annaspò con gli occhi sporgenti che gli uscivano dalle orbite e cadde al suolo come un albero sradicato. 
I grandi saggi hanno glorificato le gesta di Varaha e asserito che la sua pelle è identica agli inni vedici, i suoi peli del Suo corpo come l'erba dei rituali vedici, lui stesso è visto come un sacrificio vedico.


 Cosmologia vedica 2 



Nella Cosmologia vedica si narra che l'universo materiale si trova all'interno di sfere più grandi, e si dice che “tutti gli universi sono raggruppati insieme e sembrano un’enorme agglomerato di particelle” (Shrimad Bhagavatam 3.11.41), inoltre “ci sono innumerevoli universi oltre al nostro e, benché siano estremamente estesi, si muovono come atomi” (Shrimad Bhagavatam 6.16.37). In innumerevoli passi si afferma anche che il pianeta Terra è solo uno dei tanti pianeti, cosa che ipotizzarono successivamente anche i filosofi greci Democrito ed Epicuro e il filosofo italiano di Nola Giordano Bruno.
Per conoscere la realtà abbiamo due principali strumenti a disposizione: pramana e phala. Il metodo che utilizza il pramana ricorre a tutto ciò che i nostri sensi possono percepire, vedere e capire, mentre quello del phala riguarda una dimensione che non si può comprendere, che non si può percepire. Queste informazioni che riceviamo dai Veda sono spiegazioni perfette e necessarie per farci capire che noi adesso sulla terra stiamo affrontando una dimensione phala, una dimensione che i nostri sensi non possono comprendere in quanto limitati, ma che comunque esiste. Le conclusioni logiche portano ad affermare che esiste una fonte d'intelligenza comune a tutte le cause. Secondo il padre dell'astrologia vedica Parashara Muni occorre conoscere la struttura dell’universo e come è avvenuta la creazione, perché da tale conoscenza si ottiene una grande benedizione. Ogni cosa ha un suo principio, se cerchiamo l’origine di qualsiasi cosa, anche la più semplice e la più ordinaria, notiamo che essa risiede sempre in una fonte d’intelligenza. 
In tutto il mondo ci sono diverse scritture e filosofie che spiegano come avvenga l'origine del mondo, e questo fa anche la Bibbia. Nei Veda, e in particolare nel Vishnu Purana, viene spiegato molto bene il processo della creazione dell'universo materiale che è quello che riguarda la materia di tutto ciò che è visibile. Parashara Muni, grande astrologo e astronomo, asserisce che l’intera manifestazione universale è l’ottava parte della manifestazione totale del tutto formato dal visibile e dall'invisibile. Quindi in questo mondo materiale c’è una parte percettibile all’occhio umano e una parte che è impercettibile. 
Nella natura materiale devono sussistere tre processi che si avvicendano ciclicamente: il processo della creazione, quello del mantenimento e infine quello della distruzione. Ciò che si trova in questo mondo materiale deve pertanto per forza nascere, continuare per un certo periodo di tempo e poi deve essere distrutto e annichilito. Nei Veda secondo una prospettiva verticale la Terra è al centro della creazione materiale. La Terra, che rientra nella parte visibile, è chiamata Bhurloka. Sempre nella parte visibile, quella che noi come esseri umani possiamo vedere, vi sono altre due dimensioni: Bhuvarloka e Svargaloka. La parte non visibile dei mondi superiori è rappresentata da Maharloka, Janarloka, Taparloka e Satyaloka, dimensioni che l’occhio umano non può percepire. In altre parole, noi che stiamo sulla Terra possiamo percepire solo queste tre dimensioni: Bhurloka, la Terra, Bhuvarloka, il nostro sistema solare, e Svargaloka, le galassie e le stelle. La parte non visibile dei mondi sotterranei è rappresentata da Atala, Vitala, Satala, Rasatala, Talatala, Mahatala e Patala.
Parashara Muni sostiene che per analizzare il karma di una persona si debbano analizzare le posizioni dei pianeti alla nascita dal Sole fino a Saturno, cioè i pianeti Sole, Luna, Venere, Mercurio, Marte, Giove e Saturno. Nell'astrologia vedica non vengono presi in considerazione Urano, Nettuno e Plutone, che sono pianeti esterni. Inoltre sono importanti anche le posizioni dei nodi lunari, Rahu e Ketu. Per riuscire ad analizzare la vita spirituale e il passato e presente di una persona attraverso la carta natale astrologica ci si avvaleva dell'astrologia karmica o vedica, che usava dei metodi perfetti di calcolo astronomico da applicare all'analisi dell'esistenza di una persona per previsioni e interpretazioni che venivano affidate all'antico psicologo.
Nei primi canti dello Shrimad Bhagavatam si parla del processo di creazione vedico suddiviso in maha kalpa, il quale avviene attraverso la respirazione di Vishnu, che crea tutti gli elementi e strumenti creatori, avikalpa o creazione e dissoluzione degli elementi materiali o kalpa. Prima della creazione, il caos primordiale indifferenziato o mahat tattva copre una parte del mondo spirituale, come una nuvola copre la pura coscienza e da lì germina l'intera creazione. Dal mahat tattva si manifestano gli elementi materiali come mente, intelligenza, falso ego, i sensi, i cinque elementi e il corpo materiale. La natura materiale è la causa del corpo e dei sensi, mentre i sentimenti sono trascendentali e provengono dall'anima spirituale.
Durante la creazione primaria il mahat tattva, letteralmente dal sanscrito grande verità, che corrisponde all'Intelligenza Divina o alla Mente Cosmica, riflette l'unica realtà della conoscenza universale. Nella creazione secondaria il Mahat genera manas  la mente e comunque fin dall'inizio contiene tutti gli ingredienti della manifestazione materiale, incluse le anime condizionate. E' il medium naturale tra il puro spirito e l'esistenza materiale. Gli esseri viventi, con i loro desideri e falso ego, sviluppano determinati sensi che coprono la loro vera identità spirituale. Con il processo dello yoga si realizza il proprio vero sé rendendosi independenti dalle grinfie di Maya o illusione.  
Nella filosofia sankhya il mahat-tattva è la forma totale dell'energia materiale che contiene tutta la realtà, la genera e la trasforma. 

 Cosmologia vedica 1




La cosmologia vedica rappresenta geograficamente i mondi, i pianeti e il nostro universo su diversi livelli di conoscenza e di comprensione. Descrive in maniera piuttosto accurata lo spazio e il tempo con una mappa che potete trovare nei testi sacri dei Veda e dei Purana, i quali hanno custodito fino ad oggi la conoscenza antica e l'hanno adattata nella forma e semplificata. Per fare un esempio nel Quinto Canto del Bhagavatam si racconta la base fisica di innumerevoli universi e l'impianto psicologico e ontologico sotteso che ne amplia la visione mondana. Si tratta di una geografia dell'anima dove ogni universo è contenuto in un guscio sferico che è circondato da strati diversi di materia elementare i quali segnano il confine tra lo spazio materiale limitato e il mondo spirituale illimitato. La materia elementare è formata dai cinque elementi: terra, acqua, fuoco, aria ed etere chiamato anche il quinto elemento. La quintessenza racchiude tutti gli altri elementi.
Chi ha creato i mondi? Secondo la letteratura classica indiana antica, Vishnu ha creato tutto quello che esiste e suddiviso il cielo in visibile e invisibile. Possiamo pensare alle costellazioni, come a una mappa stradale per l’anima che viaggia dopo la morte. Per prima cosa descriviamo la mappa vedica, per descriverla bisogna introdurre qualche idea base di astronomia. Le regioni che le anime migranti raggiungeranno in accordo al loro karma correda ciò che viene chiamato "La dottrina della  trasmigrazione dell'anima", teoria già presente in molte delle tradizioni delle civiltà antiche e perdute. Gli antichi greci, che noi in parte conosciamo, spiegavano con la filosofia la dottrina della metemsomatosi, il viaggio compiuto  dall'anima che viaggia da corpo a corpo, tra le vite, a seconda delle azioni compiute, virtuose o meno. In generale questa teoria è solo un accenno parziale della teoria vedica più ampia e completa che veniva rivelata agli iniziati della scuola d'Oriente.
L'anima è come un microcosmo, l'essere vivente, umano ha una comprensione relativa, e il suo essere al mondo si collega al macrocosmo astronomico come si collegherebbe alla ruota di un carro. Chi ne è il cocchiere? Cosa rappresentano i cavalli che trainano il carro? Nel mito platonico della caverna e della biga alata non viene spiegato tutto nei particolari, ma troviamo parecchi richiami storici anche ai cinque elementi e alla filosofia vedica che però venivano spiegati a voce dal/dalla maetro/a, come da tradizione secondo i canoni educativi la conoscenza vedica era trasmessa principalmente a livello orale ad personam.
Nei Veda ci sono numerosi riferimenti astronomici di stelle e pianeti e di relative misure con cui orientarsi. Gli studenti li apprendevano con una metrica poetica apposita per memorizzarli bene, ma non ci è dato sapere come siano state effettuate le stime. In Cosmologia vedica si afferma che gli scienziati moderni leggono la volta celeste e l’universo con l’aiuto di sofisticate strumentazioni, mentre nell’antichità i/le veggenti indiani/e o Rishi, la comprendevano attraverso la meditazione e i calcoli matematici.
Il diametro del fenomeno cosmico viene valutato essere di 6.440 milioni di chilometri, la terra si estende per circa 130 milioni di chilometri, e si descrivono degli strati sottili che la circondano formati rispettivamente di fuoco, di luce, di aria e di etere (Shrimad Bhagavatam 2.2.28). Tecnicismi a parte, la domanda che sorge è come sia stato possibile raggiungere questi calcoli senza la strumentazione che abbiamo noi oggi? Se confrontiamo queste misure con le nostre possiamo vedere infatti che esse corrispondono, anche se la visione del mondo è assolutamente diversa. Per esempio la copertura dell'universo si dice situata a 260.000.000 yojana (3.347.448.000 chilometri) dal Sole (Shrimad Bhagavatam 5.23.9) dove 1 yojana sono 12,8 chilometri, la Luna è posta a 100.000 yojana oltre i raggi del Sole, poi a 200.000 yojana vi sono delle stelle e oltre queste stelle c'è Venere. Dopo Venere a 200.000 yojana, c'è Mercurio, successivamente a 200.000 yojana si trovano Marte, poi Giove e poi Saturno. Al di là di Saturno vi è un gruppo si sette stelle che circondano Dhruvaloka, la stella fissa che è la dimora del Signore Vishnu all'interno di questo universo (Shrimad Bhagavatam 5.22).
Comparando le idee vediche che riguardano il tempo, con idee simili di tante altre culture in tutto il mondo, si evince che la maggior di esse parte abbiano basi comuni, un comune denominatore di partenza, pensiamo alla cultura cinese e a quella giapponese, ma non solo, che parlano anch'esse dei cinque elementi, tutte hanno qualcosa in comune con il pensiero vedico che però ci è arrivato più integro e completo. I ricercatori suggeriscono pertanto che sia esistita un’unica tradizione globale nel mondo testimoniata dai frammenti residui in molte culture. Lo studioso tedesco Franz Boll stabilisce un stretta relazione tra le tradizioni dei greci e quelle dei babilonesi. In accordo alle sue analisi, il dio babilonese Dikud, il giudice dell’Ade, corrisponde alla stella Theta Opphiuchi che è vicinissima a un punto menzionato nelle scritture antiche, che indica l’inizio del sentiero vedico dei Pitri. Boll dice che i testi si riferiscono a questa stella, come l’inizio del sentiero che porta a sud della volta celeste.  Nei Purana queste memorie compaiono in modo dettagliato e per noi è un po' come fare un salto nel passato per recuperare la nostra storia.
La creazione vedica del mondo materiale è personale e vi viene descritto un angolo del mondo spirituale speciale o brahmajoti dove a volte appare una nuvola, e la porzione coperta dalla nuvola è chiamata mahat-tattva. Vishnu si sdraia nell'acqua del mahat-tattva, conosciuta col nome di Oceano Causale e mentre dorme crea innumerevoli universi con il respiro. Entra poi in ognuno di questi universi e genera Brahma, il quale crea tutte le forme di cui dovranno rivestirsi gli esseri individuali, secondo i loro desideri (creazione secondaria). Egli crea anche il Sole, la Luna e altri esseri celesti (Shrimad Bhagavatam 2.5.33).
I cinque elementi sono elementi sottili che si collegano al mahat-tattva dunque non sono visibili ai nostri occhi e non si possono fotografare da strumenti o apparecchiature sofisticate ad alta definizione. Si potrebbe dunque concludere che qualunque tipo di scienza umana è limitato in qualche modo dagli strumenti che usa. I sensi sono collegati alla mente e la mente può proiettare immagini nelle percezioni, spesso vediamo ciò che ci aspettiamo di vedere e non ciò che c’è veramente di fronte a noi. La saggezza vedica indica l’esistenza di una civiltà tutt’altro che primitiva incentrata su pratiche spirituali yogiche. Questa tradizione olistica mette in relazione tutti i campi del sapere e afferma i valori della vita e li integra in modo armonico con il nostro sapere. Spesso la conoscenza scientifica si rivolge soprattutto agli agi materiali del corpo che è inesorabilmente destinato alla distruzione, mentre è la dimensione spirituale a caratterizzare il vero progresso di una civiltà. I Veda che presentano dialoghi e racconti filosofici trasmettono informazioni di carattere scientifico sempre validi se inseriti in un contesto più ampio di epistemologia globale di crescita e sviluppo dell’individuo.