mercoledì 8 settembre 2021

 Veda, donne e Mahabharata


Lo studio dei Veda inizia in Occidente con la scoperta di una grandissima civiltà nella valle dell'Indo attorno agli anni venti. Lì furono recuperati antichi resti del periodo neolitico di circa settemila anni avanti Cristo. I siti dove si era scavato si trovavano nella parte Nord-Occidentale del subcontinente indiano, che ebbe il suo momento di maggior sviluppo attorno al 2200 a.C. Nel 1784 era stata fondata a Calcutta la Società asiatica del Bengala per pubblicare e diffondere scritti di carattere storico, linguistico e letterario dell'India e gli/le intellettuali europei/e notarono la somiglianza tra le loro lingue e il sanscrito. Franz Bropp (1816) parlò di una lingua unitaria, l'indoeuropeo da cui sarebbero nate le proto lingue individuali, come il proto-slavo, il germanico ecc... ecc...
La filosofia vedica divenne subito fonte d'ispirazione dei/delle romantici/romantiche tedeschi/tedesche, anche perché la Germania non doveva difendere interessi economici in India. Il primo appassionato fu Johann Gottfried von Herder, poi Friedrich von Schlegel che scrisse Saggio sulla lingua e la saggezza dell'India (1808), e Wilhelm von Humboldt che pubblicò un lungo studio sulla Bhagavad gita ivi descritta come la cosa più profonda ed elevata apparsa al mondo. Il filosofo Georg Hegel paragonò la scoperta del sanscrito a quella di un nuovo continente e nelle sue Lezioni sulla filosofia della storia elogiò il subcontinente indiano come il punto di partenza per tutto il mondo occidentale. Arthur Schopenhauer, invece, e rimase incantato e definì le Upanishad come la produzione della più elevata saggezza umana e la letteratura più soddisfacente ed elevata che si posa trovare sulla terra (...) unico conforto della sua vita.
La letteratura vedica non venne amata solo dai/dalle filosofi/e tedeschi/e, ma anche dagli/dalle intellettuali americani/e, francesi e slavi/e. Essa propone degli insegnamenti basilari rivolti alle persone semplici, fino ad arrivare a ragionamenti più complessi e raffinati per i/le colti/e. Vero è che non si può essere superficiali nel leggere questi testi, se si vuole approfondire la natura umana bisognerà mettere in pratica i principi di cui si parla. I Veda, dal sanscrito vid che significa "conoscenza", comprendono la più vasta tradizione scritta mai conosciuta, informazioni su tutto lo scibile umano, dalla medicina all'agricoltura, e naturalmente inclusa anche la filosofia dello yoga, prerequisito d'accesso per raggiungere l'Assoluto e realizzarsi come esseri umani e come anime.
Molte parti dei Veda sono dedicate a figure di donne, ci sono infatti diversi personaggi femminili principali o secondari di cui si narrano la vita e le vicissitudini. Per esempio nel Mahabharata o quinto Veda si parla di Draupadi e dei suoi cinque mariti, i fratelli Pandava, che dal punto di vista antropologico ci ricorda la pratica della poliandria, che consisteva nel sposare il fratello maggiore e per estensione così anche i fratelli più giovani. Draupadi venne persa al gioco dei dadi dal capofamiglia Yudishtira, ma in modo illecito, fu difesa e tutta la sua famiglia fu costretta a trascorrere dodici anni in esilio nella foresta per non incorrere in altre sanzioni peggiori.
Nel Mahabharata, il più lungo poema epico di tutti i tempi, ha diciotto capitoli e parla della dinastia Bharata, che prende il nome dal grande re antenato di tutte le figure di spicco della storia. In realtà tutta l'India era il regno di questo imperatore, e se chiedete ancora oggi a un indiano come si chiama il suo paese potrà dirvi anche semplicemente Bharata. I temi trattati sono tra i più avvincenti, lotte, riti magici, interventi divini, amori ed atti eroici per evidenziare la religiosità del dharma o legge del dovere. Si combattono due eserciti nemici in battaglia, quelli dei fratelli Kaurava e dei loro cugini Pandava, la battaglia dura diciotto giorni e ha inizio nel racconto della Bhagavad gita o capitolo di Bhisma. Arjuna, uno dei Pandava, non vuole lottare contro i suoi amici e parenti e dunque chiede consiglio a Krishna, che guida il suo carro, su cosa deve fare: la risposta è combattere con distacco perché lui è un guerriero e i guerrieri devono combattere.
Nel poema incontriamo anche Draupadi, figura eroica capace di affrontare molte infelicità e considerata un simbolo di forza e indipendenza femminile. Le sue virtù non sono inferiori a quelle degli eroi guerrieri, essa nacque dal fuoco, perché suo padre Draupad non poteva avere figli e compì dei riti sacri per realizzare il suo desiderio di paternità, allora da una sacra pira nacque una ragazza bella e perfetta dal cui corpo emanava il profumo del loto azzurro. Il Dio Krishna ne parla come di Sakhi, amica amata e le fu accanto in ogni momento difficile. Essa è forse il personaggio femminile più noto della storia e rappresenta per alcuni la dea latente o kundalini che si sposa con differenti energie per potersi elevare verso l'Assoluto. Essa nasce assieme al fratello Dhrishtadyumna comandante in capo dell'esercito dei Pandava che venne poi ucciso da Karna, fratello non riconosciuto dei Pandava.


Tante storie si intrecciano nella trama del testo e il sedicesimo capitolo del Mahabharata è chiamato il "libro delle donne", narra delle lamentazioni di Gandhari, regina madre dei Kaurava afflitta dalla morte dei suoi figli, della regina Kunti, che piange la morte di Karna e alla fine dei sottocapitoli vengono descritti i riti dell'ultimo passaggio o samadhi. Gandhari è uno dei personaggi preminenti, sposa il re cieco di Hastinapura, Dhritarashtra, e decise di vivere bendata come atto di devozione il marito che non possedeva la vista. Tutti i suoi figli vennero uccisi dai cugini Pandava a Kurukshetra, soprattutto dalle mani di Bhima. Si dice che sia morta in una foresta dell'Himalaya con il marito ed entrambe ottennero la liberazione.
Nel Mahabharata si parla della tante storie, ricordiamo anche quella della bellissima Mohini. Essa viene vista come una donna fatale molto attraente che beve l'elisir dell'immortalità rubato dal demone Rahu che voleva portarlo ai compagni, ma lei lo restituisce ai Deva. I suoi racconti vennero espansi in numerosi testi, in un'altra storia rappresenta Vishnu e sconfigge Bhasmasura, demone della cenere, al quale Shiva assicurò il potere di incenerire qualsiasi persona toccandola sulla testa. Il demone volle allora incenerire Shiva, ma Mohini lo incantò e lo invitò a danzare con lei imitandola, lei allora pose le mani sulla testa, e lui copiandola morì. In una storia meno conosciuta il saggio re Asura Virochana ottenne una corona magica protettiva dal dio del Sole, ma venne sedotto da Mohini che gli rubò la corona quindi Vishnu lo poté uccidere.
I Veda erano trasmessi in principio solo oralmente, poi vennero trascritti e divisi in quattro parti, Rig, Sama, Yajur e Atharva. Chi si avvicina a questa cultura apprende che si tratta di sacre scritture compilate da Vyasadeva, un'incarnazione di Krishna. Il maestro vaishnava Madhvacarya afferma che gran parte della letteratura indiana possa essere inserita nei Veda, come ad esempio il Pancaratra, i Sutra e i Vedanga, perché se è conforme alla loro versione deriva da essa e ne mette in evidenza l'essenza. Ancora oggi vengono citati in sanscrito da tanti studiosi/e, politici/che, religiosi/e e insegnanti che si rifanno a una gloriosa tradizione millenaria la quale ha reso sicuramente più agevole il progresso della civiltà hindu e anche di una miriade di esseri umani che ne sono venuti a contatto.


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