mercoledì 8 settembre 2021

 Yoga e arte oratoria


In questo articolo parleremo di quanto sia presente lo yoga nell'arte della retorica e della sua importanza teorica e pratica per poter parlare bene in pubblico. Per comprendere gli elementi base del public speaking, a partire da alcuni elementi noti a tutti, aggiungeremo quindi la sua storia e le sue tecniche, che allargano e arricchiscono i nostri orizzonti. In generale nelle scuole di yoga si conducevano delle pratiche non per arrivare alla semplice erudizione, o conoscenza arida, meccanica, ma per poter anche apprendere e assimilare una cultura volta alla crescita personale e spirituale, che svolgeva un'attività educativa con  trasmissione coerente e logica dei contenuti onesti e applicabili al ciclo di vita umano. Lo yoga infatti considera l'essere umano dal punto di vista fisico, mentale, emozionale, intellettuale nella sua interezza. Premetto che quest'arte di parlare in pubblico era in origine riservata solo agli uomini poi si è aperta con il tempo anche alle donne.
L'arte della retorica era parte integrante del curriculum dell'uomo filosofo sin dal tempo dei Veda, i suoi elementi venivano elencati e discussi sia a livello teorico che pratico nelle diverse scuole con contenuti originali e specifici. La comunicazione si svolgeva in due direzione: verso l'interno o comunicazione interiore e verso l'esterno o comunicazione sociale. L'esperienza era duplice, dunque si apprendeva in gruppo e poi si lavorava individualmente sulla comprensione degli insegnamenti. Oggi ci resta un percorso scritto piuttosto frammentato di tali attività, che venivano trasmesse soprattutto oralmente, gli insegnanti erano tanto gelosi dei propri insegnamenti da far giurare ai discepoli fedeltà eterna al maestro e va da sé non potevano diffondere tali insegnamenti agli estranei.
Successivamente con l'educazione greca, paideia o educazione circolare, si suddivise l'arte retorica in varie parti, per poterla analizzare e renderla così accessibile a un maggior numero di destinatari. I filosofi restavano nella scuola del proprio maestro e studiavano per circa cinquant'anni anni prima di poter trasmettere gli insegnamenti a loro volta. Gradualmente si inserirono nelle scuole di yoga e nelle Accademie filosofiche anche delle donne, sacerdotesse o studentesse, che però non avevano ruoli di primissimo piano, talvolta erano conosciute proprio perché mogli o figlie di qualche saggio o governante e poche riuscivano a imporsi come serie studiose e praticanti e a partecipare direttamente o indirettamente alla vita politica.
I sofisti relativizzarono l'etica, come spiega anche Platone nel Gorgia, essi diffusero l'arte della parola come elemento necessario alla vita pubblica. Poi successivamente a Roma Quintiliano e Cicerone diedero i consigli e le regole utili agli oratori/oratrici sul come affrontare le argomentazioni valide e gli schemi logici aristotelici furono decodificati soprattutto nella forma degli schemi logici stoici, fino a enucleare un sistema di educazione medievale superiore chiamato trivium e quadrivium. Esso comprendeva sia la logica minore, dei sillogismi, che quella maggiore, basata sui valori di verità e anche sui contenuti o significati. La retorica è una tecnica stilistica, mentre l'oratoria è l'attuazione della retorica, invece si chiama eloquenza l'arte di adattare la parola all'argomento in modo elegante e persuasivo. Si parla pertanto oggi di public speaking per attori/attrici, politici/politiche e commercianti, ed  esso deriva dal dialogo di un maestro/a con i suoi studenti/esse più avanzati/e, che imparano l'arte rivolgendogli delle domande ragionando sui discorsi e le argomentazioni. Ancora oggi si può studiare la struttura monologica del discorso retorico nelle sue varie fasi: preparazione, ricerca di idee, disposizione degli argomenti, stile, memoria e declamazione con voce modulata e gesti. L'oratore/oratrice deve insomma saper informare, catturare l'attenzione, commuovere, anche se dopo l'avvento della televisione e la morte dei/delle cantastorie molte sfumature sono andate perdute.
La parola yoga deriva dalla radice Yui (legare insieme) e indica la connessione spirituale, presupposto di rinascita e liberazione. Il respiro si divide in inspirazione ed espirazione, ed è il principale mezzo di scambio tra noi e l'ambiente, i muscoli che ci sostengono sono quelli diaframmatici, intercostali, toracici e addominali. Durante l'inspirazione il diaframma si abbassa, gli intercostali esterni allargano la gabbia toracica e alcuni muscoli toracici la alzano, si può quindi definire l'inspirazione come un movimento attivo. L'espirazione, al contrario, causata dal ritorno elastico del tessuto polmonare e dei muscoli inspiratori, si definisce movimento passivo. Il respiro è soggetto a continue modificazioni indotte da necessità fisiologiche o di natura emotiva, che negli anni si ripercuotono su spalle, rachide e diaframma. Quando si doveva parlare in un luogo pubblico, nelle piazze o all'aperto erano solitamente avvantaggiati coloro che parlavano con una voce chiara e impostata, erano invece penalizzati coloro che avevano voci piccole e flebili, dato che non esistevano le tecnologie informatiche, gli amplificatori e i microfoni. Gli architetti che realizzavano gli spazi teatrali lavoravano in un modo così abile che potevano far sì che la voce arrivare a tutti gli spettatori senza problemi di sorta. Gli attori e i ballerini erano inizialmente uomini che interpretavano anche le parti femminili e indossavano delle maschere, di norma erano più resistenti e si stancavano meno. 
Con lo yoga si è sostanzialmente più pronti ad affrontare un discorso, grazie alle tecniche di meditazione e respirazione, che aiutano a gestire la tensione, a ricercare la propria identità spirituale per creare una relazione autentica con l'ascoltatore. Per parlare davanti a delle persone si ha bisogno di forza ed energia, corpo e mente si preparano a reagire e ci si può preparare in anticipo all'ansia da palcoscenico con lo yoga nidra, o training autogeno, il pranayama o pratiche di respirazione, che ci portano a rilassarci, e a focalizzarci nel presente. Possiamo essere fisicamente presenti con degli esercizi del corpo chiamati asana e con delle posizioni gestuali delle mani chiamati mudra. Quando parliamo in pubblico possiamo avvantaggiarci di queste pratiche per comunicare meglio in pubblico, con consapevole energia vitale, creando uno spazio per farsi ascoltare.

Mudra della conoscenza



La comunicazione è presente in ogni aspetto della nostra vita, se ci facciamo attenzione ci rendiamo conto che in particolare utilizziamo linguaggi e suoni che talvolta si esplicano in una empatia che è naturalmente presente in tutti gli esseri viventi. La comunicazione efficace è armoniosa e portatrice di benessere sia per chi parla che per il destinatario del messaggio. E' arte e scienza nello stesso tempo quella che penetra nell'aspetto ricettivo che accoglie l'altro nelle sue sfumature. Il corpo è la prima fonte di comunicazione, ma crescendo dimentichiamo spesso la ricchezza delle sensazioni corporee che riceviamo in un determinato ambiente. Attraverso movenze e posture diciamo molto più di noi stessi di quello che vorremmo dire, raccontano di noi gestualità, espressione facciale, tono della voce e stile. In questo senso lo yoga può giocare un ruolo importante per sciogliere i nodi delle tensioni  e stabilire una connessione con la parte più profonda del sé, la coscienza, e svilupparla unendo il piano fisico, quello mentale, l'intellettivo e spirituale. 
Attraverso le posizioni fisiche da seduto o in piedi, individuiamo delle zone che rimangono contratte, e le sciogliamo col respiro, perché rappresentano schemi interiori bloccati, paure, angosce, pensieri confusi. Spesso si possono infatti sperimentare emozioni passate, memorie di traumi ed è così utile sciogliere i profondi nodi con gioia e serenità, si migliora gradualmente la postura e si aumenta la consapevolezza interiore: se per esempio i gesti sono veloci e bruschi, ciò denota la sensazione di non essere in armonia con quello che ci circonda. Tali esercizi ci mettono nella condizione di rallentare ed eseguire movimenti più lentamente e prendere contatto con la realtà. La gestione del proprio peso, la mobilità della colonna vertebrale e la propiocezione dello spazio in relazione al corpo divengono elementi essenziali per stabilire un equilibrio generale.
Abbiamo probabilmente avuto modo di sentire parlare di Gandhi e della non violenza ahimsa assenza del desiderio di nuocere come rifiuto di ogni atto violento, mediante obiezione di coscienza, resistenza o resilienza che si ricollega a tale principio induista che ebbe grande peso per molti movimenti pacifisti ed ecologisti, soprattutto degli anni Settanta. Qui ci riferiamo non solo ai principi dei diritti civili, ma proprio di un precetto dello yoga, il principale, basilare poter diventare dei praticanti seri: il primo Yama o regola di ciò che non dobbiamo fare è proprio questo. Ci sono poi altre regole che servono all'autocontrollo come gradini etici della verità su cui salire, continenza e assenza di bramosia «In presenza di una persona fermamente stabilita nella non violenza tutte le ostilità cessano» (Yoga Sutra di Patanjali). Quando una persona rispetta il principio di non violenza chi è intorno a lui ne viene fortemente influenzato. Le sacre scritture riconoscono tre forme di violenza, fisica, verbale e mentale. 
Lo yoga insegna a trattare bene tutto il nostro corpo, ad agire in conformità alla morale, e palesa inoltre una violenza verso noi stessi/e, quando per esempio mangiamo poco o troppo. Una volta che diventiamo consapevoli dei pensieri violenti che insorgono dentro di noi, si può utilizza la tecnica di pratipaksha bhuvana o del pensiero opposto, pensare ad esempio ad amore, pace e bene. Coltivare inoltre l'associazione di persone non violente che può essere di grande beneficio. Il mantra consigliato per questa era del Kali Yuga, il maha mantra che tutti i/le praticanti di yoga possono recitare perché porta alla liberazione, è il mantra non violento per eccellenza: Hare Krishna Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare.
Un esempio noto della trasmissione di contenuti filosofici dei Veda che vengono ripresi nella Grecia di Platone si trovano per esempio nel Fedro "la forza del discorso consiste nella guida delle anime" (Fedro, dialogo del 370 circa a.C.), ci sono infatti molteplici forme di anime e molteplici forme di discorsi, ma la verità è una. In questo dialogo si sottolinea l'importanza della comunicazione veritiera, vi si dice che il vero discorso, quello che innalzava la consapevolezza, è quello comunicato oralmente, capace di incidersi nell'anima di chi ascolta. La comunicazione diretta tra maestro/a e allievo/a poteva innalzare l'anima dello studente/essa verso la vera conoscenza, e questa conoscenza era ben espressa nella Bhagavad-gita nella conoscenza dell'Assoluto, capitolo filosofico in versi contenuta nel grande poema epico Mahabharata, già cinquemila anni avanti Cristo.
Nel Fedro Socrate finge di condividere l'entusiasmo del giovane compagno di passeggiata a cui vuole trasmettere la conoscenza dell'anima, e inserisce parzialmente il mito vedico della biga alata, ripreso della parabola delle Katha Upanishad chiamato Ratha Kalpana, dove si descrive un carro su cui sta l'anima o viaggiatore, l'auriga o intelletto, il carro rappresenta il corpo, i cavalli sono i sensi, le redini la mente, il terreno è l'oggetto dei sensi. Il giovane Niciketa chiede a Yama dio della morte la destinazione dell'anima che cambia corpo, così come nel Fedro si parla della trasmigrazione dell'anima o metemsomatosi. La parabola del carro narra del viaggio dell'anima e istruisce sull'amore per la vera conoscenza, con la descrizione delle varie parti dell'essere vivente e le sue caratteristiche come essere umano e sociale: «Chi ha la comprensione dell'auriga e controlla i sensi raggiungerà il fine del suo viaggio nel regno supremo» (Katha Upanishad, 1.3.10-11).


Nessun commento: